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L'architetto milanese aveva 85 anni

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Architetto, urbanista, docente. Ma soprattutto, dagli anni '60, designer di grande successo, chiamato a realizzare oggetti rimasti celebri nel tempo da tutte le più grandi aziende italiane ed europee. Magistretti era nato in una famiglia della media borghesia milanese, nella quale l'architettura era di casa. Architetto era il padre, che ha molto costruito a Milano e nello studio del quale il giovane Vico ha cominciato a lavorare subito dopo la guerra. E architetto era anche un bisnonno, Gaetano Besia, progettista del Collegio Reale delle Fanciulle e di Palazzo Archinto. Da subito appassionato di design (nel 1956 è stato tra i fondatori dell'Adi, l'associazione per il disegno industriale) Magistretti ha lavorato comunque molto come progettista edile, costruendo cinema, alberghi, edifici per uffici e abitazioni. Nel 1948 ha partecipato alla sua prima Triennale di Milano e nel 1960 ne è stato chiamato alla direzione artistica insieme con un altro grande nome dell'architettura, Ignazio Gardella. Proprio in quell'anno cominciò la collaborazione con Artemide, primo di tanti contatti che divennero poi rapporti stabili con il mondo dell'industria. «In quel periodo - spiegava lui - c'è stata la dimostrazione del grande merito degli industriali che hanno capito che qualcosa cambiava e che bisognava trovare qualcuno che li aiutasse a cambiare. Fino a quel momento, facevano mobili stile Cantù». Tra i primi pezzi c'è "Eclisse", celeberrima lampada da tavolo prodotta da Artemide nel 1965. Ma la sua firma è su decine e decine di altri oggetti e mobili entrati negli anni nelle case e poi nei musei di tutto il mondo, dalle posate di Cleto Munari (1980), alla lampada "Atollo" di Ololuce (1977) e alla sedia Selene con il tavolo Stadio 80, prodotti da Artemide nel 1969. Molti dei suoi mobili, come la libreria "Nuvola Rossa" (1977) sono vere invenzioni, spesso animate da un'autentica vocazione al prodotto semplice e di larga producibilità. «Ho sempre pensato - diceva - che la cosa interessante riguardante il design potesse essere ciò che ci ha insegnato la Bauhaus, e cioè il fascino della produzione in grande numero...è il grande numero quello che dà senso al design, cioè un oggetto prodotto per tanta gente». Cose di utilità, in tanti casi trasformate in icone, come la sua sedia "Carimate", messa in produzione nel 1960, diventata simbolo della Swinging London e dei Beatles. Quasi tutto quello che ha disegnato è stato un successo, tanto che l'80 per cento delle sue invenzioni - in oltre sessant'anni di carriera - viene ancora prodotto. E le sue opere sono state esposte nelle principali mostre di design in Italia, Europa, Usa, Giappone, oltre a far parte delle collezioni permanenti dei più importanti musei del mondo tra cui il MOMA di New York, che espone dodici dei suoi oggetti. Ma a chi gli chiedeva quale oggetto avrebbe voluto aver progettato, rispondeva: «L'ombrello... per la semplicità, il niente, la tensione dell'ombrello... invece ho progettato quella scemata di lampada, l'Eclisse, che però dura ancora, perchè ha segnato anche con le scottature sulle dita, qualche generazione».

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