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I divi della Dolce Vita nelle foto Luxardo

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Intitolata "Facce di cinema", l'esposizione si svolgerà in concomitanza con il Festival di Palazzo Venezia-Rassegna internazionale di film d'arte e allestirà i ritratti dei divi più famosi degli anni '50-'60, da Gassmann a Mastroianni, da Claudia Cardinale ad Anita Ekberg, da Sofia Loren ad Alberto Sordi o a Gina Lollobrigida (nella foto). «Non manca proprio nessuno» dice la curatrice Tiziana Luxardo, che continua la tradizione di famiglia iniziata agli inizi del '900 da Alfredo, giovane fotografo deciso ad emigrare da Pisa in Sud America, per tornare in Italia, a Roma, dopo quasi trent'anni, con una solida posizione alle spalle. Rilevato lo studio di Sam Bosch (fotografi della Casa reale), Luxardo, forte dell'aiuto dei figli Elio, Elda e Aldo, impose le caratteristiche che fecero scuola e segnarono un'epoca, come luci diffuse, integrate da riflessi, sfondi scuri e tagli tonali che scolpivano i volti. Scatti che accompagnavano il mito del cinema riproponendo lo stesso livello di comunicazione tra il pubblico e i divi. Lo Studio Luxardo era dunque frequentato dagli attori e dai campioni dello sport, intellettuali e artisti, come Pirandello, Marinetti, Assia Noris, Isa Miranda, Alida Valli o Primo Carnera. Nel dopoguerra prese corpo la collaborazione tra lo studio e gli spettacoli di rivista, nonchè le prime edizioni di Miss Italia, ma si connota soprattutto per la grande amicizia che lega Elio Luxardo a Federico Fellini o all'ambiente vicino al neorealismo in un'unione a tutto tondo con il mondo del cinema (Elda è la madre del regista Dario Argento). La mostra presenterà 36 ritratti, «tutti di formato gigantesco - precisa Tiziana Luxardo - 80 centimetri per due metri, dei "testoni", che solo in queste sale potevano essere allestiti». «Il prossimo anno - conclude - porterò i miei ritratti. Ora ci sarà solo quello del giovane Gassmann affiancato all'immagine del grande Vittorio, ma sto preparando una mostra dedicata ai protagonisti del cinema contemporaneo, quelli immortalati da me».

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