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Il duce al Terminillo minacciato da «Alleanza nazionale»

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Aneddoti su Benito Mussolini nel libro «La montagna di Roma» di Antonio Cipolloni

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Come molti ricordano Mussolini decise di realizzare un collegamento stradale diretto tra la capitale e il mare e nello stesso tempo concepì l'idea di dotare "Roma imperiale" anche di una sua montagna per gli sport alpinistici e per lo sci. Fu proprio lui a scegliere tra Monte Gennaro, Campo Catino ed il "Tetricus Mons", come i latini chiamavano il Terminillo, proprio la montagna che domina la pianura reatina a soli centodieci chilometri da Roma. In quel periodo in cui prendeva corpo l'avventura in Etiopia, il capo del governo trovava anche il modo di scalare, più volte quei contrafforti montuosi, imponendo al Comune di Rieti di realizzare una strada di collegamento, seguendo, poi, passo passo con visite improvvise i lavori di costruzione. Antonio Cipolloni, racconta quel particolare momento e diversi altri con una straordinaria vivezza e con infiniti aneddoti. Pochi sanno che Mussolini salì le prime volte al Terminillo portando con sè anche la moglie Rachele e il figli Bruno e Romano. Erano gite alla buona, con tanto di pranzo al sacco preparato da Rachele. Il duce, poi, durante uno dei suoi viaggi lampo per il controllo dei lavori acquistava in una rivendita reatina una semplice pagnotta di pane bruno. Era questo il clima di un mondo e di un'epoca che si avviava verso la catastrofe della seconda guerra mondiale. L'aneddoto più curioso riguarda però il periodo successivo al completamento della strada tra Rieti ed il Terminillo ed alla realizzazione dei primi alberghi. Per il suo primo soggiorno con tutta la scorta il duce prenotò otto camere presso l'Albergo Savoia (a quei tempi era vietata la qualifica di hotel, parola inglese da evitare accuratamente) per sè e per la scorta. Al proprietario dell'albergo però impose di non affittare le camere al piano superiore, perché non desiderava essere disturbato. L'albergatore, l'ex tenente colonnello degli alpini Leandro Zamboni, inviò ovviamente il conto per sedici stanze a Palazzo Venezia. Dopo qualche tempo l'albergatore non vedendo arrivare nessuna risposta si recò da Sebastiani, segretario del duce, per caldeggiare il pagamento. Questi, prudentemente, fece notare che Mussolini aveva prenotato otto stanze e non sedici. Di conseguenza chiedeva un considerevole sconto. Lo Zamboni s'infuriò: «Io sono colonnello degli alpini, - urlò - lui è stato un semplice caporale: non accetto queste imposizioni e voglio essere pagato». Dopo qualche tempo, il colonnello ricevette quanto desiderato, ma il duce abbandonò il Savoia per recarsi invece all'albergo Roma sul piazzale di Pian de Valli, dove di solito prendevano alloggio, in camere poco lontane sullo stesso piano, le sorelle Claretta e Myriam Petacci. Rachele Mussolini invece già aveva smesso di recarsi in montagna, mentre il duce amava esibirsi spesso a torso nudo al sole scorrazzando con gli sci sui pianori innevati. Infine un dato curioso: il prefetto di Rieti dell'epoca invitava la polizia ad identificare e fermare, con scarsa preveggenza, tutti i facinorosi che facevano parte del movimento rivoluzionario «Alleanza nazionale»...

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