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Il Festival a Torre del Lago

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Femmina tre, quattro volte, se preferite. Puccini le amava tutte, le sue eroine. Certo, per i libretti d'opera aveva avuto bisogno di idee e di fior di collaboratori. Ogni personaggio aveva una storia: era un'immagine letteraria o addirittura il personaggio di una tetra fiaba, come Turandot. Eppure le donne di Puccini sembrano essere impastate di "vissuto": c'è da giurare che l'esperienza lavora sull'invenzione e la modella, e che il bel seduttore Giacomo trovi in ogni donna l'aura magica di una sua avventura. E forse è questo l'elemento che più di ogni altro coinvolge nell'opera pucciniana. Quei trasalimenti e quei tradimenti, quelle emozioni che inventano la vita e che le danno un senso, quella intensità di affetti che se la ride della "durata", raccontano anche qualcosa, o molto, dell'esistenza del compositore lucchese. E allora bisogna essere all'altezza di queste creazioni cruciali, allorché il palcoscenico le traduce in spettacolo, offrendole a un pubblico vasto e indifferenziato. Il miracolo non sempre avviene. Ma quest'anno, alla 52mo edizione del Festival di Torre del Lago, abbiamo incontrato una Tosca davvero travolgente. E cioè abbiamo incontrato lei, la bella Floria romana devota alla Vergine e al suo Mario, e in guerra con la storia, con il potere, con l'arroganza, con l'ipocrisia,con la lussuria occultata dietro la bigotteria. Per amore. Lei contro la Roma papalina, lei contro Scarpia, il capo degli sbirri, che vuol piegarla alle sue voglie. Incontenibile e rigogliosa questa Tosca di Norma Fantini, "complice" delle invenzioni di Igor Mitorai, che ha allestito lo scenario dell'opera e rivestito i suoi eroi; e di buon grado obbediente al regista Mario Corradi che le ha fatto cantare il «Vissi d'arte» sdraiata sul letto di Scarpia. Il bieco inquisitore che lei trafigge con uno spillone, più devastante della punta di un pugnale. Una rilettura della tragedia pucciniana,dunque, carica di innovazioni e provocazioni: ma non è dispiaciuta al vasto pubblico che ha applaudito non solo le grida palpitanti e i fremiti, gli impeti travolgenti e i sussurri di Norma Fantini (una Tosca che innamora), ma anche l'appassionato vigore di Marcello Giordani nei panni dell'eroe romantico Mario Cavaradossi, e la perfidia untuosa e lasciva di Lucio Gallo, uno Scarpia eccellente. Ottima la direzione d'orchestra di Alberto Veronesi (repliche il 30 luglio; 4, 10 e 19 agosto). Dopo la prima della «Tosca», quella della «Turandot». Eroina terribile e temibile. Mozzateste implacabile. Forse, ad una lettura psicanalitica, una castratrice. Vendicatrice gelida dell'oltraggio subìto da una sua antenata, vittima dell'eterno "branco". Ma anche Turandot è una femmina. Grida a Calaf di non voler essere profanata, ma aspetta colui che infrangerà i sigilli del tempio. Un maschio. Non un bruto, ma un eroe generoso. Capace di risolvere gli enigmi per cui tanti hanno perso la testa(letteralmente) e capace di sciogliere il suo gelo. Altra storia "nera", Turandot. Difficile da raccontare: e da cantare. Lo hanno fatto dei giovani, armati di generosa passione. Ma anche di robusta professionalità. E, "ça va sans dire", di una voce come si deve: Anna Shafajnskaja (Turandot), Frank Porretta (Calaf), Maria Costanza Nocentini (Liù). Onorato (e dunque applaudito) l'appuntamento col «Nessun dorma»: un messaggio di vita e di vitalità contro la perversione dell'odio e della morte (repliche il 29 luglio; 5 e 11 agosto).

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