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«Conto aperto con la morte»

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Nelle nuove canzoni tanti riferimenti all'operazione al cuore

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Nella primavera del 2004, infatti, l'ex leader dei Timoria è sopravvissuto a un aneurisma aortico grazie a un intervento a cuore aperto durante otto ore. I medici, però, gli avevano proibito di cantare. «Mi sono reinventato autore e conduttore televisivo - racconta Pedrini - firmando i programmi Rai "Nu-Roads" e "Robin Hood", presentato dalla mia compagna Elenoire Casalegno. Sono diventato docente di un master in comunicazione all'Università Cattolica di Milano e Brescia. Il via libera dei medici è arrivato a sorpresa quando ero ormai rassegnato all'idea di scrivere canzoni per gli altri». Resta la proibizione a fare sport e concerti, ma l'album «Pane burro e medicine» ci restituisce un Pedrini in splendida forma artistica: garbato e ironico nei testi che parlano della sua vicenda («Parafrasando Fellini, sono autobiografico anche quando parlo di una sogliola»); energico e moderno nel connubio perfetto di suoni rock e alchimia elettronica. Il singolo «Shock» scherza sulla convalescenza in ospedale: «La mia pressione era tenuta bassa artificialmente per agevolare la guarigione: non mi era permessa alcuna forma di eccitazione mentale. Quando Elenoire veniva a trovarmi e immancabilmente provavo emozioni piacevolmente più forti, venivo subito smascherato dai sensori che monitoravano le mie funzioni vitali». «Nel mio profondo» e «Strana sera» raccontano sensazioni più intime: come ha reagito quando ha scoperto di essere in pericolo di vita? «La morte non mi faceva paura, perché avevo imparato da Gandhi che bisogna essere pronti a "partire" in qualsiasi istante. Ricordo che ho ritardato il mio arrivo in sala operatoria pur di restare un minuto da solo con Elenoire: non volevo andare via senza salutarla». Fra le tracce più coinvolgenti del nuovo cd c'è la ballata «Dimenticare Palermo», un testo di pura finzione ma ispirato a un fatto reale di cronaca nera: l'omicidio dell'attrice Anne Marie Trintignant da parte del suo compagno Bertrand Cantat, leader del gruppo rock Noir Desir. «Non lo assolvo per il suo crimime, ma ho conosciuto personalmente Bertrand e lo ricordo come un uomo buono, lontano dall'immagine del mostro rilanciata dai giornali. Io penso che sia stata una tragedia della gelosia, non della cattiveria. Un raptus di follia per amore può capitare a tutti: ci sono passato anch'io, ma per fortuna sono stato violento solo a parole». Nel disco ci sono altre due dediche: «Ragazzo non aver paura» è per il figlio dodicenne Pablo, mentre «Follia» è dedicata all'enologo Luigi Veronelli, l'amico scomparso che vedeva in Omar il figlio che avrebbe desiderato avere. «È stato definito folle, condannato, censurato ed emarginato per le sue sacrosante battaglie contro le multinazionali dell'olio. E nessuno ha riconosciuto i suoi meriti nel fare progredire la cultura del vino in Italia». A proposito di censura, ha visto «Il codice da Vinci»? «Il romanzo mi è piaciuto molto, ma non andrò a vedere il film. Io non credo alla tesi di Dan Brown, però trovo esagerate tutte queste polemiche: sono più pesanti le accuse lanciate al Vaticano da un vecchio film intitolato "I banchieri di Dio", che parlava della vicenda Calvi. La Chiesa non deve aver paura della bestemmia di un ubriaco, ma preoccuparsi dei preti pedofili».

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