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Da analfabeta ad aspirante Nobel

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«Il pane nudo» dell'italo-algerino Benhady dall'autobiografia di Chourki

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UN FILM italiano di un regista di origini algerine, Rachid Benhady, attivo comunque da tempo all'interno della nostra industria cinematografica. Come ricorderanno quanti nel 2000 hanno visto il suo «Mirka», protagonista Vanessa Redgrave, su degli stupri etnici, con conseguenti infanticidi, commessi nelle zone montane del nostro Nord Est. Oggi si rifà a un romanzo autobiografico di un noto scrittore marocchino, Mohamed Chourki, e ne segue le vicende, partendo da Tangeri, dagli anni Quaranta fino al 2003, mettendo inizialmente l'accento su quel difficile periodo di transizione che vide il Marocco liberarsi dal colonialismo per assumere finalmente una sua identità nazionale. È in quel periodo che ci fa conoscere il futuro scrittore, un bambinetto fragile, nato in una famiglia ai limiti dell'indigenza, con un padre così violento che una sera, per impedirgli di piangere, gli uccide addirittura un fratellino, affamato e disperato come lui. Da qui una fuga da casa e un difficile, doloroso peregrinare tra eventi pubblici e privati che, via via cresciuto, lo vedranno a un certo momento non solo imparare a leggere e a scrivere (i suoi, nella loro miseria, lo avevano condannato all'analfabetismo), ma prima a insegnare in una scuola e poi, finalmente, a diventare uno scrittore così importante da essere per ben due volte proposto per il Premio Nobel della letteratura. Rachid Benhady ha seguito passo passo il so personaggio, cambiando l'interprete a seconda delle se varie età (prima un bambino, poi un giovanotto, da ultimo un adulto) e, oltre a un ritratto delle sue personali vicissitudini, ce ne ha dato un altro dei vari momenti storici che lo vediamo attraversare, prima il colonialismo, appunto, poi delle rivolte che lo porteranno persino in prigione fino ai tempi nuovi, in un Marocco diventato finalmente nazione. Senza retorica, però, nelle pagine pubbliche, e con un realismo duro, prossimo al miserabilismo, in quelle private che, rappresentando prima l'infanzia difficile poi l'adolescenza tormentata e spesso problematica del protagonista si propongono con segni forti, in più momenti persino laceranti. Non tutto, sul piano narrativo e poi in quello della rappresentazione, si fa accogliere, per disuguaglianze di toni e di stili; nel suo insieme, però, il film ha motivi vari per convincere. Dal punto di vista psicologico ma anche da quello corale. Con il suo concorso di interpreti, giovanissimi e anziani, dai modi sempre sinceri. Anche negli strappi.

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