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Gesù, la star più amata dal cinema di tutti i Paesi

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L'immagine del Salvatore non poteva non essere la più amata dal cinema di ogni tempo e la più rappresentata. Dagli albori della nuova arte Gesù è stato sempre il personaggio in primo piano, passando per i decenni, gli stili, le tecniche, sempre più moderne, per arrivare fino ad oggi, alla «Passione» firmata da Mel Gibson che proprio stasera sarà proposto in prima Tv alle 21 su Raiuno. E chi pensa che su Gesù al cinema è stato detto tutto non può che sbagliarsi. La sua figura appassiona e fa discutere. Ora anche un Paese arabo vuole produrre un kolossal sul Cristo e tra i fedeli dell'Islam si è accesa la polemica. Il cinema era appena nato e già i film su Gesù si moltiplicava. Dalla tradizione teatrale nascevano molte pellicole: gli stessi Lumière, inventori del cinematografo, ne realizzavano una. Un'altra, famosa, «Christ marchant sur les eaux», è firmata da Méliès. Il primo, vero, grande film su Gesù (ma la questione è controversa) è americano, si intitola «Passion Play», ed è stato girato da Henry Vincent nel 1897. Di film sulla figura di Gesù se ne contano circa duecento, di quelli che a lui, in un modo o nell'altro, si riferiscono, si è perso il conto. Ne ricordiamo tre per tutti: «Quo vadis» (1951) di Mervyn Le Roy con un eccezionale Peter Ustinov nei panni di Nerone, «La tunica» (1953) di Henry Koster e il bellissimo «L'inchiesta» di Damiano Damiani, del 1986. La storia di Gesù garantisce sempre un film di sicuro successo. Pellicole ne nascono in Spagna, Francia, Germania, Stati Uniti. Il colore e il cinemascope poi offrono la possibilità di raccontare la vita di Gesù con grandi scene di massa, migliaia di comparse, imponenti ricostruzioni che appassionano ancora di più il pubblico. È l'era dei kolossal. Come «Il Re dei re» di Nicholas Ray del '61 e a questo ne seguiranno tanti che è impossibile ricordarli tutti: «Barabba» (1962) di Richard Fleisher o «La più grande storia mai raccontata» (1966) di George Stevens. Gli anni Sessanta e Settanta sono un'epoca d'oro per il cinema italiano e tutti i grandi registi si impegnano per dare la loro visione di Gesù. Ecco allora «Il Vangelo secondo Matteo» (1964) di Pasolini, «Atti degli Apostoli» (1964) e «Il Messia» (1976) di Rossellini, il grandioso «Gesù di Nazareth» (1978) firmato da Franco Zeffirelli. I Gesù italiani sono senz'altro i più importanti e profondi, ma certamente non gli unici: in quegli anni di contestazione e rottura degli schemi, con un passato che appariva oppressivo, la figura del Cristo non solo non viene trascurata, anzi, è esaltata e riproposta come unico punto di riferimento in un'epoca che sembra generare solo dubbi. È del 1973 uno dei film più singolari: «Jesus Christ Superstar», il musical di Norman Jewison con l'«urlatore» Ted Neeley nel ruolo di Cristo. Il film all'inizio fece scandalo. Poi fu chiaro che nonostante le atmosfere hippie e le chitarre elettriche il messaggio del Salvatore era visto con rispetto. E soprattutto con speranza. Alla fine il musical su Gesù vinse, qui in Italia, il David come miglior film straniero. Passando per il discusso «L'ultima tentazione di Cristo» firmato da Scorsese nell'88 e per tanti altri film si giunge fino ad oggi. E il domani? È nella polemica che proprio in questi giorni infiamma il mondo islamico. Un film intitolato «La vita e la Passione di Cristo» dovrebbe essere prodotto in Egitto da Mohamed Ashoub con la regia di Samir Sabri e raccontare la storia di Gesù da una prospettiva cristiana. Ma Gesù, per gli islamici, è un profeta e ai musulmani è proibito rappresentare per immagini personaggi della religione. La censura egiziana, per il momento, non si è pronunciata sulla pellicola che si annuncia tra le più costose dell'industria cinematografica locale. Qualunque sarà il verdetto, non mancherà di suscitare polemiche.

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