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Il fantasma che non convince

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Il documentario di Amenta su Provenzano un mosaico che stenta a comporsi

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IL FANTASMA del titolo è Bernardo Provenzano, detto «il boss dei boss». Marco Amenta, che ci ha già dato un film sulla mafia, «Diario di una siciliana ribelle», lo segue (interpretandosi da solo il personaggio che chiede e indaga) più o meno dalla sua nascita in una famiglia di contadini, fino all'ascesa ai vertici di Cosa Nostra e, dopo, fino a quella lunga latitanza che tuttora perdura (anche se, appena ieri, è stata data una notizia, non si sa quanto attendibile, che sarebbe morto). Il film è una specie di mosaico. Ci sono materiali di repertorio ripresi, i più sanguinosi, dai telegiornali; ci sono molte interviste con personaggi a vario titolo coinvolti nel tema, uno soprattutto, con spazi maggiori, il capo della Squadra Mobile di Trapani, Giuseppe Linares, e, nel tentativo di legare gli uni alle altre, ci sono ricostruzioni di eventi affidate all'invenzione cinematografica: certi appostamenti della polizia per catturare i capi mafiosi, alcune gesta criminali di questi ultimi, con l'aria di sorprenderli con la macchiana da presa mentre si muovono nell'ombra, lasciando alle spalle fiumi di sangue. E, sempre restando alla finzione, ci sono immagini contro luce in cui una sagoma nera, che si immagina sia lo stesso Provenzano, si ascolta, con la voce di un attore, spedire lettere a familiari e gregari, ai primi con affetto, ai secondi con ordini perentori, secondo piani precisi di guerra. L'intreccio di questi materiali disparati non convince molto sul piano narrativo. Troppi elementi si accavallano, troppe cose che si espongono per chiarire restano oscure, almeno se non si è profondamente edotti di quelle materie, e i climi cui sembrerebbe si voglia aspirare - quelli del thriller, dato l'argomento - stentano a proporsi con le tensioni necessarie perché, a sostenerli, non bastano gli accenti spesso ripetuti sulle ragioni misteriose che hanno impedito e continuerebbero ad impedire, la cattura di Provenzano nonostante una latitanza durata ormai più di quarant'anni. Comunque almeno il quadro che se ne ricava ha momenti di interesse e se quel «fantasma» al centro di cui si inventa solo un profilo nell'ombra, resta tale, con il groviglio di interrogativi che lo circonda, almeno un personaggio emerge vigoroso da tutto il contesto, quello di Giuseppe Linares, meritevole, sotto tutti gli aspetti, della stima e dell'ammirazione di chiunque abbia a cuore i diritti della legge e il rispetto dello Stato.

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