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«Ma che talento! Per fare cinema serve il fisico»

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Promette scintille «Il mio miglior nemico» con Carlo Verdone attore e regista

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La storia è quella di uno scontro generazionale tra Achille (Verdone), uomo perbenista, ipocrita e ricco, e Orfeo (Muccino), ventenne senza aspirazioni, sogni, nè desideri, figlio di una ragazza madre un po' nevrotica che lavora in uno degli alberghi di proprietà della moglie di Achille. Proprio quando la donna viene licenziata ingiustamente, scatta nel giovane Orfeo la rivendicazione nei confronti di Achille, al quale distruggerà l'esistenza. Solo allora, i due saranno costretti ad allearsi. Verdone, come si è trovato a lavorare con Muccino, sul set e nella stesura della sceneggiatura? «Ho capito che prima del talento ci vuole un fisico di ferro per affrontare come regista e attore alcuni tipi di film e questo è stato il più faticoso della mia carriera. Ma mi ha regalato un rapporto professionale e di amicizia con Silvio Muccino, con il quale ci siamo subito fissati un obiettivo: allontanarsi dall'idea di rifare una storia simile al film «In viaggio con papà», che realizzai con Sordi negli Anni Ottanta. Ognuno di noi ha portato qualcosa del suo mondo, ma soprattutto io e Silvio ci siamo tenuti distanti, come due poli, per creare uno scontro maggiore sul set. Questo consiglio è arrivato dal produttore Aurelio De Laurentiis, con il quale proprio in questi giorni ho firmato un contratto per i miei prossimi film, nei quali potrò indifferentemente fare l'attore, il regista o svolgere entrambi i ruoli. Ho dedicato 25 anni della mia carriera a Cecchi Gori, so quanto sia difficile fare il produttore e Aurelio è un grande professionista, con il quale spero di conquistare le platee straniere. Il suo fiuto è inimitabile: «Manuale d'amore» è stato venduto in 15 paesi e «Crash» che ha vinto l'Oscar è stato distribuito da Aurelio già molti mesi fa». Ha realizzato un'altra commedia all'italiana? «È una commedia completa, dove c'è la risata e il momento tenero, dove si scivola dal drammatico al comico, dal nostalgico al malinconico. Sul set ricordavo spesso il film che ho fatto con Sordi, dove però stavolta l'uomo maturo che raccontava a Muccino le sue esperienze cinematografiche ero io». Chi è oggi il suo miglior nemico? «È il mio peggior amico. Ma a parte gli scherzi, sono d'accordo con De Laurentiis quando dice che occorre dare spazio ai giovani. Questo film ne è una prova: sono loro il nostro futuro. E Muccino interpreta un ragazzo di oggi, che vive nel precariato e al quale non è concesso nemmeno di sognare. È un personaggio che non può permettersi la leggerezza o le fragilità che Silvio ha incarnato nei suoi precedenti ruoli. È uno che, come dice Muccino, è figlio di se stesso». Come sono invece i ruoli femminili? «Molto articolati, a cominciare da quello della madre (Sara Bertelà) fino a Cecilia (Morariu), nel ruolo di mia figlia che s'innamora poi di Orfeo. Il mio omaggio alle donne continuerà anche al festival di Siena, che dirigo ormai da anni, con una retrospettiva curata da Mario Sesti e dedicata alle signore del cinema, dal 1968 al 1980».

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