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In un diario gli ultimi tragici giorni di Virginia Woolf

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Un incrocio denso di natura e di amore. Robert Doisneau è stato indubbiamente fra i più grandi fotografi che la Francia, e non solo, abbia avuto: la sua scelta per immagini ha sempre riguardato l'incontro d'amore per le strade di Parigi, negli angoli più remoti, fra la gente: in questo Oscar Mondadori (15,00 euro) «duetta» con uno dei più grandi poeti del Novecento, il turco Nazim Hikmet, e allora immagine e parola di fondono fino a produrre un magma incandescente di percezioni del sensibile, che il bianco e nero delle foto rende ancora più fascinoso. Inutile aggiungere che i testi riguardano le poesie d'amore di Nazim, che si possono riassumere in un verso che ne realizza la continuità: «Il miracolo del rinnovamento, mio cuore, / è il non ripetersi del ripetersi». «Avevo 16 anni quando vidi una giovane bellissima musulmana uccisa in strada dal fratello. Amava un cristiano. In quel momento pensai che avrei dovuto scrivere un romanzo su un amore che sapesse travalicare i confini». Parla Rafik Schami, scrittore nato nel 1946 nel quartiere cristiano aramaico di Damasco, e in questo romanzo intriso di sentimenti, «Il lato oscuro dell'amore» (Garzanti, 22,00 euro), racconta una storia proibita e struggente tra il giovane Farid e la bella e sensuale Rana. Ma dietro c'è la saga di due famiglie in perenne scontro, quella dei Mushtak e quella dei Sharin. Un grande affresco storico segnato dal sangue inesausto di vittime innocenti. Singolare e suggestivo personaggio la grande Virginia Woolf: venti giorni prima di andare a uccidersi, fa un lungo discorso - evidentemente scritto mentre prepara la cena - assaporando merluzzo e salsicce: ci racconta tutto questo e tanto altro ancora il «Diario di una scrittrice» (minimum fax, 12,50 euro), che sembra uscito dallo schermo di un memorabile film, «The Hours», in cui la «vita» viene centellinata e offerta lungo una dolorosa sequenza di immagini. Tutti gli «alti e bassi» del suo carattere (e della sua incomparabile anima) emergono nell'ampia sequenza di vertigini, da cui la creatività letteraria schizzava fuori a limpidi zampilli. Nel garage c'era la benzina pronta per il suicidio se arrivavano i nazisti. Esce in Italia «Salons» di Stendhal (Aragno ed. 13 euro), una silloge di testi e articoli giornalistici del grande romanziere, ed è una sorpresa che viene da un cronista d'eccezione, nell'estate del 1821 «esule» in Francia, braccato dalla polizia austriaca che lo ha costretto a fuggire a Milano. Non ha una lira e questo lo costringe a parlare di tutto, ahilui! Ma lo fa con quel pizzico di cattiveria che è il sale di questo mestiere: tiriamo fuori dal mazzo una «carta» perversa: di fronte al Napoleone di David, taccia il pittore di insensibilità e conclude: «Non poteva dare di meglio». Acutezza di osservazione, ma anche rabbia per l'impotenza in cui è condannato a vivere. Torna, puntuale come una cambiale, Patricia Cornwell con il suo quattordicesimo romanzo, «Predatore» (Mondadori, 19 euro), e bisogna dire il meno possibile, conoscendo bene la strategia dei thrillers dominati da quel diavolo di Kay Scarpetta, in cui Patricia è ora stanca di immedesimarsi, ed eccola abbandonare la prima persona, che la annoia, e si accinge perciò, esprimendosi con un parlare più anonimo ad usare «lui» che complica ancor più la vicenda, perché dall'esterno la visibilità è più netta e precisa, al punto che si stabilisce un bel duello, anche a colpi proibiti, fra auto

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