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In un suo cruciale studio del 1999 ha sancito l'identificazione dello sviluppo sociale con la libertà La questione dei valori «universali»

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Premio Nobel per l'economia, ha sviluppato i suoi interessi in moltissimi campi, con una combinazione di profondità analitica ed eleganza espositiva che a volte ricorda il genio di Galilei. Forse, in una molteplicità di interessi che spaziano dall'economia dello sviluppo alla filosofia morale e politica l'elemento unificatore va ricercato nella individuazione di quei meccanismi sociali che hanno una ricaduta, spesso tragica, sulla vita degli esseri umani. Basta ricordare le pietre miliari della sua carriera per accorgersene. Sen diventa famoso con uno studio sulle carestie in cui la mancanza di democrazia e libertà dei paesi colpiti viene considerata il fattore scatenante (una delle massime di Sen più citate è che nessuna democrazia ha patito una grave e continuata mancanza di alimenti). Contestualmente, Sen impone la identificazione (si badi, non la mera relazione) tra sviluppo e libertà (Development as Freedom si intitola un suo libro del 1999) che porta con sé due cruciali insight sulla libertà come componente non riducibile della ricchezza di una nazione e come fattore creatore della ricchezza stessa. Offre poi una filosofia morale e politica incentrata sulla nozione di "capability" (tradotta in italiano, forse con inevitabile goffaggine, come "capacitazione"), ossia sull'idea, di chiara marca aristotelica, per cui la bontà di un certo assetto sociale (o anche di una semplice regola di comportamento) va misurata non sulla base della quantità totale di "utilità" che questo produce (come sostengono i welfaristi), non in base a quanti beni primari assicura e a come li distribuisce (come sostiene Rawls), ma a quanta libertà sostanziale, o capacità, esso fornisce ai consociati per scegliersi una vita cui danno valore. Non basta, insomma, assicurare i diritti civili della tradizione liberale (perché, tra le altre cose, senza un minimo di beni materiali, tali libertà rimangono sulla carta). Non basta nemmeno assicurare, oltre alle libertà formali, una distribuzione dei beni materiali equa, perché quel che conta è quanta capacità ciascuna persona ha di "convertire" libertà formale e beni primari in promozione dei propri fini. Riprendendo gli esempi di Sen: un invalido e una persona normale possono essere ugualmente liberi ed avere lo stesso paniere di beni principali, ma non per questo avranno le stesse probabilità di raggiungere i propri obiettivi. Infine, Sen, con un articolo dello scorso anno, affronta la questione, controversa ma ineludibile, della fondazione dei diritti umani, ossia del modo in cui possiamo giustificare da un punto di vista filosofico la validità universale di quei diritti che pretendono di valere in ogni luogo e in ogni società, indipendentemente dall'appartenenza del singolo a tale gruppo, paese, cultura o civilizzazione. L'idea centrale, a questo proposito, è che i diritti umani veramente universali sono quelli che "sopravvivono" in una libera discussione aperta a persone provenienti da culture diverse. In tale ideale assemblea, i partecipanti guadagnano, proprio dal confronto con la diversità degli altri, quella "distanza", rispetto ai propri costumi, essenziale, come insegnava Adam Smith, per giungere ad un'etica non partigiana. Questa fondazione dei diritti umani è tanto attraente quanto zeppa di difficoltà, ma ha l'indiscusso merito di stare alla larga da uno scetticismo anti-universalista dominante nel senso comune e in alcuni circoli politici, che spesso si ritrova alleato nella giustificazione della forza come unico linguaggio della politica internazionale. Se si crede che niente vale universalmente, si è così lontani dal credere che chi non appartiene alla mia cultura sia un estraneo totale, un non-umano? Di questo Sen parlerà, insieme a Sebastiano Maffettone, Ingrid Salvatore, Piero Fassino, Daniele Archibugi ed altri, in un incontro pubblico in programma nella sala delle conferenze di Montecitorio domani alle ore 15. L'incontro è organizzato da Filosofia e Questioni Pubbliche e da Humanity, rispettivamente una de

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