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Addio Franz, fustigatore della classe media

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Poi, di lì a pochissimi anni cambia il vento e Borghese diventa uno dei pittori più richiesti da una fascia media di mercato che ne decreta un imponente successo commerciale snobbato però dalla critica più influente e dalle istituzioni pubbliche. In ogni caso, in un'epoca nella quale mancano artisti veramente popolari e prevale un'idea elitaria dell'arte contemporanea, Borghese ha potuto vantare una diffusa popolarità, soprattutto fra la gente comune. E un giorno, con la distanza del tempo, sarà opportuno chiedersi il perchè di questo impressionante scollamento fra ciò che piace alla massa e quello che invece viene proposto dal sistema dell'arte internazionale. Una quindicina d'anni fa un noto critico ha descritto nel modo migliore possibile l'aspetto e la personalità dell'artista: «Un po' bohemien, con il ciuffo scomposto sulla fronte, un po' tenebroso con lo sguardo cupo, un po' sbarazzino dall'aria frenetica e sottilmente nevrotica, un po' intellettuale con la sua apparente trasandatezza e la sua aggiornata, per niente esibizionistica, cultura, Franz ha un volto pallido e affilato, temperamento notturno, saturnino, dorme di giorno e lavora di notte, spirito dialettico, gran parlatore, gioca a fare il tipo ìgenio e sregolatezza». Già nei primi anni Sessanta Franz Borghese aveva individuato la sua linea di pittura prediletta in una sorta di grottesco espressionismo che non di rado vira verso esiti surreali e satirici. I suoi modelli ideali li ha dichiarati più volte lui stesso, da Bosch, Hogarth, Daumier fino a Grosz e Dix, ma in realtà nel suo disegno si scorgono vari echi della creatività di Attalo, dimenticato illustratore del Marc'Aurelio, l'inventore di personaggi come Gagà o Genoveffa la racchia, ìil pittore della vanità- come ha detto lo stesso Borghese- delle pochezze mentali, delle illusioni di tutti i poveracci del mondo, che aspirano ad una promozione sociale, appunto borghese». La vittima preferita del suo segno tagliente ed essenziale è sempre stata la borghesia, con tutti i suoi vizi più banali e soprattutto ritratta in tutta la sua ottusità irrefrenabile e impossibile da sconfiggere, fra commendatori orgogliosi di inutili decorazioni e donnone boriose. «Dipingo una brutta borghesia - ha confessato l'artista - perché l'uomo è brutto». In qualche modo il tragico personaggio del Fantozzi di Paolo Villaggio, tratteggiato con cinica ferocia, ha dei lontani antenati proprio nei personaggi di Borghese, abbigliati e ambientati invece nei primi decenni del '900. Poche settimane fa si è chiusa a Roma, nelle sale di Palazzo Venezia, un'antologica di Borghese che però non gli ha reso giustizia, esaltando soltanto il suo valore commerciale senza dare spazio alla sua vena creativa più interessante. Ed è un peccato che questa brutta mostra rimarrà negli occhi di molti a ricordare la sua pittura.

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