Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Rilassante aver paura seduti in poltrona

default_image

«In questo mondo complicato l'horror smorza l'ansia. Una lettrice voleva il telefono di un mio personaggio»

  • a
  • a
  • a

Louis County nel Missouri con il marito, una figlia e tre cani. Una donna forte, decisa e dolcissima. Una scrittrice attenta ai dettagli, sa incidere nella mente del lettore con immagini potenti e storie avvincenti, come l'ultima, fresca di stampa, Il ballo della morte (Nord, pp.461, ? 18.60). È Laurrell K. Hamilton. La sua protagonista, Anita Blake, nota per la superlativa capacità di cacciare e «sterminare» vampiri, si trova ora alle prese con una vicenda che la coglie vittima di una taglia da mezzo milione di dollari per chi la uccida entro le ventiquattr'ore. Magia ed esoterismo concorrono a rendere più evidente la personalità della Blake, e quindi della stessa Hamilton, ormai entrata nell'Olimpo delle autrici di best-sellers. Il thriller e l'horror sono i generi più seguiti attualmente? «Ancora non ho girato tutto il mondo per esserne sicura, ma forse è giusto dire che il genere horror recentemente ha avuto un successo sempre crescente, dovuto al fatto che il mondo che ci circonda si complica sempre di più. Ci rivolgiamo all'horror perché è il modo più sicuro per aver paura. Possiamo stare seduti sulla nostra poltrona, al sicuro, ma provare lo stesso paura. E poi c'è chi dice che tutto sommato è bello sapere che ci sono persone che stanno peggio di te». Lei crede nell'esoterismo, nel soprannaturale? «Certo! Chiunque neghi l'esistenza del soprannaturale è come un bambino che stando al buio, fischietta per tenersi un po' su. Ci sono delle persone che si terrorizzano al punto di credere cose che non sono vere, ma è pur vero che il mondo è molto più grande di quanto noi pensiamo». Come può essere la personalità del lettore di thriller e horror? «In base alla mia esperienza posso dire che non c'è un profilo tipico. I miei lettori vanno dai tredici a sessanta anni. C'è una lettrice che mi ha detto di essere talmente là con gli anni da non voler neanche rivelarli. Sono lettori di ogni professione e di ogni ceto. Anzi, attraverso i miei lettori sono riuscita ad apprezzare la loro varietà». C'è differenza tra lettori europei e quelli statunitensi? «Sì, e c'è differenza anche tra giornalisti europei e statunitensi. Questi ultimi non mi hanno mai posto una domanda che invece in Europa mi hanno sempre chiesto: la sessualità della mia protagonista. Ai giornalisti europei inoltre non piace la violenza, a quelli statunitensi la violenza va benissimo. Per quanto riguarda invece i lettore statunitense, alcune lettrici mi hanno chiesto il numero telefonico di alcuni personaggi maschili dei miei libri. Spiego loro che li ho inventati. Alcune si arrabbiano e una ha insistito tantissimo per avere il numero telefonico di un personaggio in particolare. Ma se questo personaggio esistesse e fosse mio amico, non vorrebbe che io dessi il suo numero telefonico a sconosciuti». Quanto impiega per scrivere un romanzo? «All'inizio impiegavo sei mesi, ora dagli otto mesi ai due anni». Dipende dal rapporto contrattuale con l'editore? «Se scrivere è un'arte, è anche industria. Io sono fortunata in quanto scrivo rapidamente. Infatti fino a sei anni fa rispettavo i tempi imposti dall'editore, poi non ci sono più riuscita. Quando ero una giovane scrittrice senza successo, gli editori erano molto più severi di quanto lo siano ora. Infatti per un giovane è importantissimo rispettare i tempi previsti dall'editore, per la carriera futura». Lei si considera una scrittrice-impiegata, con orari e regole, oppure scrive non curandosi del tempo? «Io mi considero una scrittrice-impiegata, lavoro sei ore al giorno per cinque giorni alla settimana». Quanto somiglia Anita Blake a Laurrell Hamilton? «Molto, sia fisicamente che nella personalità, siamo entrambi cocciute, indipendenti e determinate. Siamo cresciute insieme, come due sorelle. L'unica differenza è che lei svolge un lavoro fuori del comune». Un'opinione sulla comunità dei suoi fans, la Anitaverse? «All'inizio sono rimasta un po' sconcertata, ma solo da poco mi sono resa conto che c'è bisogno di una figura forte come Anita per dare

Dai blog