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Per le «pupe» di 007 il successo non è mai garantito

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Anzi, per alcune James Bond è stato... fatale. Fa sicuramente eccezione Michelle Yeoh: la bella malaysiana interprete al fianco di Pierce Brosnan di «Il domani non muore mai», del '97, si è conquistata la sua visibilità a colpi di kung fu e ha ben proseguito la carriera: ha girato un grande film, «La tigre e il dragone», nel 2000, e sta per arrivare nelle sale italiane con l'osannato «Memorie di una geisha». Si è perfino permessa di prendere in giro James Bond invitandolo (nel film) ad usare un computer con tastiera in cinese. «Prego - ha risposto lui sempre signorile - fai tu». A parte Michelle però le Bond girl, nonostante il loro fondamentale contributo al successo dei film e la gran fatica che hanno fatto per parteciparvi, non hanno avuto vita facile: a cominciare da quella «bambola» platinata di Shirley Eaton che in «Goldfinger», del 1964, dopo appena due o tre scene finisce tutta dipinta con vernice d'oro. O come la bella (ma di brutte nell'elenco non ce ne sono) Daniela Bianchi, la romana che dopo una parte di tutto rispetto in «Dalla Russia con amore» proseguì con qualche altro filmetto, per scomparire definitivamente dal cinema pochi anni dopo. Una vero ruolo da bella statuina fu quello di Britt Ekland, perennemente in costume da bagno, in «L'uomo dalla pistola d'oro» del '74. E non fu comunque sorte peggiore di quella dell'unica moglie di James Bond, impersonata da Diana Rigg, in «Al servizio segreto di Sua Maestà» del '69, al fianco di George Lazenby. Dopo averla sposata l'agente 007, per esigenze di copione, si premurò di diventare subito vedovo, tornado in breve alle sue scorribande. In più la Rigg come carriera non andò mai oltre una unica, seppur onorevole, serie tv, ormai dimenticata dai più: «The Avengers». Tra le Bond girl, che si dividono in due grandi filoni: le buone e le cattive, spiccano anche alcune star alle quali l'aver partecipato a un Bond film non ha fatto ne caldo ne freddo. Come ad esempio Grace Jones, cattiva poi redenta, che nel 1985 era al fianco di Rooger Moore in «Bersaglio mobile». La parte, che nobilitò un film decisamente sotto tono, nulla aggiunse o tolse alla carriera di una grande cantante e discreta attrice. Tra le molte ce n'è anche una che è riuscita a partecipare a due film, ma le deve essere costato molta fatica perché non si è mai fatta notare per altro. Si tratta di Maud Adams apparsa in «L'uomo dalla pistola d'oro» e poi, nell'83, in «Octopussy». Tra le ultime Halle Berry («La morte può attendere», 2002) è certamente una delle più famose. La sua notorietà comunque non è in grado di adombrare la prima e più luminosa delle ragazze di 007. Nella mente di tutti la Bond girl per eccellenza è Ursula Andress, l'abbronzatissima Honey Ryder di «Licenza di uccidere», del 1962. In quel film appare come Venere che nasce dalle acque, su una spiaggia esotica, in ridotto costume da bagno, corredata di cinturone e pugnale sub. Un'immagine che ha affascinato più di una generazione e che ha dato il via a una moda che dura ancora oggi.

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