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Alla ricerca di un'umanità perduta

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157,EURO 13,50), potrebbe trovare la sua felice sintesi in un pensiero del «Satyricon» di Petronio, «Non dobbiamo fare i difficili. Dappertutto il cielo sta in mezzo». Considerazioni, ricordi, opinioni, affetti familiari e appunti di cronaca sono il tessuto letterario di questa sorta di diario che vede il suo Autore protagonista immerso nella storia del nostro tempo, quasi a divenirne onesto e lucido portavoce. Ma il pregio del libro resta senza dubbio la sua intelligente scrittura, ispirata da un dolore composto per un relativo che piace sempre meno e sempre meno si adatta a chi dell'umanità fa una dote. Ogni pagina sembra rimanere sospesa nel suo dettato sintattico, quasi ad apparire incompiuta e priva di una qualsivoglia sostanza che la renda significativa. In realtà, ogni parola si incide nella nostra esistenza con uno sguardo fin troppo consapevole del disagio in cui versa l'attualità. Si nascondono i desideri, forse illusori, di vedere, di vivere, quell'humanitas, priva di ogni vacua retorica, ma sinonimo di convivenza pacifica e costruttiva. Alain Elkann è perfettamente cosciente della condizione umana, ma non può non constatarne il malessere che ne deriva e cogliere in alcuni tratti del quotidiano la speranza in un futuro migliore. Nel suo percorso compositivo, si sofferma sul Natale, «è una bella festa soltanto in chiesa e durante la messa, se no è un giorno triste. L'unica cosa speciale è che tutto è sospeso», sulla famiglia che «deve andare avanti come la vita, tra alti e bassi, ma deve restare unita», sulla «libertà di essere se stessi e di vivere, esternare o nascondere i propri umori senza paura. Non avere scadenze. Soltanto amici e maestri, soltanto una donna, un cane, un libro da leggere», sulla politica come «condizione che è meglio tenere lontana perché consuma se stessa ricercando un potere che non si raggiunge mai, altrimenti non ci sarebbe democrazia», sull'antisemitismo, «è vero che il mondo è cambiato, che in molti si sono scusati, hanno ammesso i loro torti, hanno cercato in ogni modo di manifestare la loro amicizia verso gli ebrei, ma io credo che sia necessario stare ancora attenti, vigilare». E ancora, sugli scrittori, sugli italiani, sullo Stato, ma su tutti e tutto una irreversibile voglia di "andare avanti" senza qualunquismi o compiacimenti egoistici. E' la voglia di un'esistenza dove l'intelligenza del cuore sia unica esigenza ed esclusivo obiettivo da individuare anche in quegli eventi apparentemente "ingenui". E Alain Elkann lo dimostra con queste poche righe: «A un bambino è stato detto che il cane veniva mandato a scuola per farsi educare da un maestro. Il bambino ha risposto: "Il maestro del cane è un cane?».

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