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L'angoscia? Mal comune, mezzo gaudio

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245, euro 15), si presenta come una sorta di cronaca in apparenza distaccata, per non usare l'intensivo «cinica». È in realtà uno specchio inquietante, alleggerito da toni umoristici, a volte comici, che sanno restituire più di ogni altra espressione, l'amarezza causata dal male di vivere dei nostri giorni. Narrare le nevrosi del quotidiano può sembrare ormai un facile gioco oggi, ma quando una scrittura si apre a immagini nitide di ansie reali tradotte in una sorta di surrealismo dove le parole scorrono agili e avvincenti, senza dubbio ci troviamo davanti a uno scrittore «di razza». I quattordici racconti contenuti in questo libro intelligente, vedono protagonisti personalità ed eventi molteplici, ma dal comun denominatore identificabile nell'amore per la vita dell'Autore stesso, in tutti i suoi risvolti e abbandoni, in tutti i suoi misteri e contraddizioni. Anche il dolore, quello che fa male davvero, può essere interpretato, nella penna dello stesso Eggers, come una «follia» da affrontare con il sorriso, per non morire «sino in fondo». Fish conta le volte che Adam ha tentato di suicidarsi: «Uno: i polsi (un seghetto sui polsi sottili, bianchi come carta). Due: veleno. Si era bevuto la cera per i pavimenti, dopo essersela versata in un bicchiere alto e trasparente. Tre: il colpo di pistola allo stomaco. O meglio, accanto allo stomaco. Il proiettile l'aveva sfiorato ed era uscito dalla finestra, centrando l'adiacente chiesa episcopale. Nessuno era rimasto ucciso né ferito, ma Adam si era sentito talmante in colpa che, quattro, si era piantato una mannaia nella gamba». I personaggi sono ritratti con rapide, ma incisive pennellate come il «fuscello di donna vagamente gufesca e giallastra che mangia un dolcetto al cioccolato seduta su una sedia», oppure Dean Denny: «era mancino, tonto e coi baffoni». Chiunque può credere di avere l'esclusiva alle proprie angosce, chiunque può lamentarsi delle proprie miserie e rendere enorme un problema che non esiste: Eggers li comprende tutti, anche se stesso quando nel tredicesimo racconto raggiunge il coraggio di tentare l'estremo per uno scrittore, e forse ci riesce se si legge attentamente il titolo, «Ci sono cose che lui dovrebbe tenere per se stesso». Autore del centro educativo no-profit, 826 Valencia, dotato anche di un negozio di forniture per pirati e corsari di San Francisco, Dave Eggers coglie uno dei drammi più profondi dell'essere umano: «La fame che abbiamo» non è altro che il desiderio costituzionale di trovare un «significato» capace di giustificare la nostra stessa esistenza.

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