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Aldo Giuffrè: «Io, neoscrittore nella terza età»

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E ho incontrato una grande amica, la scrittura. Ho pubblicato "Amici come prima", un romanzo rievocativo. È la storia di un'amicizia, tra Giovanni e Giannino, un'amicizia che dura l'intero arco di una vita ed esce indenne da tanti scontri con il dolore. Il tutto in una Napoli immaginata e mai nominata, torturata dalla violenza, dalla miseria, dalla depravazione». Ed il teatro? «Ho smesso la scorsa stagione. Per ora non ritorno al teatro. Ma lo amo intensamente. Mi piace fare la regia di tante opere. Chissà se un giorno ritornerò sul palcoscenico». Ottantuno anni, che stagione di vita è? «È un'altra stagione della mia intensa vita. Bisogna vivere una per una le stagioni della vita. Io non so dire che cos'è l'età. Se si riesce senza nemmeno sforzarsi a godere ogni momento della vita è questo il segreto per vivere meglio. Io non riesco a sentirmi anziano. Non so che cosa voglia dire la vecchiaia». E quindi è ancora molto bambino? «Credo proprio di sì. Amo la vita, amo la mia seconda moglie, nonostante le vicissitudini che ho dovuto affrontare. Non sono riuscito ancora fino ad oggi a diventare un vecchio. E non sono ancora stato capace di diventare saggio. La saggezza intesa come esperienza di vita non mi appartiene. Lavoro, insegno, sento ancora il bisogno dello sberleffo, della scugnizzeria». E quindi ad 81 anni è uno scugnizzo? «Sono sempre stato uno scugnizzo e l'essere scugnizzo non mi ha ancora abbandonato. E ne sono pienamente soddisfatto e felice». Ma chi è Aldo Giuffrè? «Un uomo che ha dedicato parte della sua vita al mondo dello spettacolo, al teatro, al cinema. È stata per me un'occasione ghiotta di comunicazione con gli altri. Ho spaziato tra teatro italiano, napoletano, cinema e televisione. Spero di aver lasciato un segno indelebile della mia arte eclettica». Quando ha cominciato? «Era il 1947. Fui scritturato dal maestro Eduardo con il quale sono poi rimasto per oltre quattro anni». E il successo quando è arrivato? «Da quella data i successi si sono susseguiti a cascata. Ho lavorato con personaggi di grande calibro. Ricordo Luchino Visconti e Strehler. Il mio attaccamento al mondo dello spettacolo non si è mai estinto. Ho interpretato grandi autori classici, Shakespeare e Moliere. Voglio ricordare la mia rappresentazione del "Malato immaginario"». E poi l'incontro con un grande come Benigni. «Una bella esperienza, il suo "Pinocchio" forse non è stato capito bene da critica e pubblico ma lavorare con lui è stata un'esperienza unica. Ritengo di essere stato un Geppetto all'altezza». Ed ora come vede il suo futuro? «Vivo attimo dopo attimo, momento dopo momento. Mi godo la mia meridionalità. Cerco di cogliere sempre l'attimo. Mi sento una persona semplice e comune. Non detesto i colpi di scena che la vita saprà ancora regalarmi. Intanto mi godo il successo di questo romanzo "Amici come prima"».

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