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La «Butterfly» spartana di Sun

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punta sulla voce di Xiu Wei

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A onor del vero, di azzardi dissacranti non ce ne sono mai stati: la «Butterfly» di Kan Yasuda(2000), la «Manon» di Igor Mitoraj (2002), la «Bohème» di Jean Michel Folon, di nuovo la «Butterfly» rimodellata da Arnaldo Pomodoro (2004), la «Turandot» disegnata da Pietro Cascella (2004) e «La fanciulla del West» affidata quest'anno al pittore americano Nall hanno saputo offrire alla critica e al pubblico materia di dibattito, proponendo riletture discutibili quanto si vuole ma rispettose di una potente "eredità di affetti" ed evitando provocazioni esibizionistiche inevitabilmente irritanti. Vale la stessa cosa anche per questa edizione della «Butterfly» (la prima l'altro ieri, repliche l'11 e il 16), curata dall'International Opera Theatre di Seul, in collaborazione col Festival Pucciniano? Beh, l'allestimento proposto da Lee Hak Sun non indulge davvero a variopinte coreografie esotiche: ché tali non possono dirsi la quinta dorata su cui giocano le luci, il materiale di scena ridotto all'osso, le linee che tagliano lo spazio diritte od oblique, un paravento funzionale al tessuto narrativo piuttosto che all'effetto decorativo, qualche maschera tradizionale che viene ad inserirsi, rapida e fuggitiva, in un momento cruciale. È come se questa "nudità" attendesse di essere "vestita". E se i costumi di Michelle Rutkowski sono una pioggia di colori su un terreno volutamente arido, gli effetti speciali vengono dalla voce di Sun Xiu Wei. Davvero straordinaria questa soprano cinese che, stella nascente dell'opera italiana, nel 2000 fu invitata in Vaticano a cantare davanti a Papa Giovanni Paolo II. Sun Xiu Wei, guidata dalla regìa di Chung Kab Gyun, comunica, coinvolge, commuove, dà alla "bimba dagli occhi pieni di malìa" tutte le tenerissime e devastanti illusioni che la porteranno al suicidio rituale. "Passione" e "compassione" esaltano il pubblico che applaude questa Butterfly accorata, tenera e forte come, più della morte. E che tutto travolge, occupando per intero lo spazio scenico dove pure Marco Berti interpreta il suo Pinkerton più che dignitosamente. Ottima la direzione di Lukas Karytinos, anche nell'esecuzione della struggente ninna-nanna.

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