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Brian Wilson, ex leader dei Beach Boys, si esibirà venerdì a Roma

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La luce dopo il buio nella mente

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Brian Wilson suonerà questa sera a Ravenna e venerdì a Roma, alla Cavea dell'Auditorium. Nel dicembre del '61 fu lui, insieme a due fratelli, un cugino ed un amico, a suonare la sveglia della musica californiana. Con un'idea semplice quanto geniale la famiglia Wilson costruì la colonna sonora del divertimento adolescenziale e con "Surfin In The Usa" (1963) finì in testa a tutte le classifiche. Coretti, falsetti, contrappunti vocali alla Everly Brothers, chitarre da tre accordi, testi teenageriali, questa la ricetta che fece dei Beach Boys la linea Maginot contro lo strapotere del rock inglese. Il loro sound si fece più impegnativo con "Pet Sounds" (1966), il capolavoro pop della band, che però segnò anche l'inizio della sua parabola discendente. Brian Wilson, che già stava dando segni di un grave squilibrio mentale dovuto all'abuso di stupefacenti, rifiutò di far pubblicare "Smile", un album scritto insieme a Van Dyke Parks, per dedicarsi ad una discontinua carriera solista (solo quattro album). A distanza di 37 anni Wilson ha ripreso in mano quel progetto e così uno degli album fantasma più famosi della storia del rock, un capolavoro senza tempo, ha visto finalmente la luce. Abbiamo raggiunto Brian Wilson a Montecarlo. È la prima volta che suona a Roma? «No, ho suonato negli anni '70, ma non ricordo quando». Emozionato? «Sì, abbastanza, Roma è sempre un posto magico». In scaletta ci saranno anche i classici dei Beach Boys? «Sì, ne farò parecchi». Lei ha passato dei brutti periodi a causa della droga e di problemi psichici. La musica le è stata di aiuto per uscirne? «Sì, m'aiutato molto, è stata curativa». È per questo che ha dedicato il nuovo album a Dio? «No, è solo un disco di "happy music", che guarda alla vita con ottimismo. E quindi manifesta la presenza di Dio, che mi ha aiutato a scrivere le canzoni». Che differenza c'è tra "Smile" e "Pet Sounds"? «Il primo è più gioioso, il secondo più emozionale». È vero che all'epoca decise di non pubblicarlo dopo aver ascoltato Sgt. Pepper dei Beatles? «No, non è così. Non era il momento giusto, era un disco troppo avanti per quei tempi». Leonard Bernstein l'ha definita uno dei più grandi compositori del Novecento… «Sono molto lusingato, è un gran complimento». Si dice che il suo prossimo album sarà una raccolta di canzoni di Natale… «Sì, è vero, è già pronto. Uscirà a metà ottobre e si intitolerà "What I Really Want For Christmas"». Come mai questa scelta? «L'ha fatta la casa discografica, devono vendere». Nel Dvd di "Smile" lei racconta anche le vicissitudini della sua vita. Perché? «In realtà non lo so. Forse volevo che tutti conoscessero il lato doloroso della mia vita, probabilmente è stato un modo per esorcizzare i fantasmi del passato. "Smile" in questo senso è stato taumaturgico». Nelle canzoni dei Beach Boys non c'è traccia della situazione politica dell'epoca, della protesta studentesca, del Vietnam. Eravate così disinteressati? «Non io personalmente, però le nostre canzoni erano puro divertimento». Lo scorso ottobre lei ha suonato a Washington il giorno prima del concertone finale del Vote For Change in sostegno di Kerry. Perché non ha partecipato? «Boh, non ero obbligato a farlo». Cosa pensa dell'amministrazione Bush? «Nulla, non parlo di politica».

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