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«Porterò la grande danza italiana all'Expo in Giappone»

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L'invito a partecipare In Giappone ad Aichi all'Expo 10 gli giunge quasi come un riconoscimento ad una strepitosa carriera di interprete, nonostante i soli 30 anni alle spalle. «Mi sento un privilegiato rispetto ai miei coetanei perchè mi è toccata la grande fortuna di avere avuto in sorte una grande passione e di averla realizzata. Quello che sognavo di fare era di ballare ai massimi livelli nei grandi teatri del mondo. Ora mi sento pienamente realizzato». Ma non sono tutte rose e fiori... «Naturalmente ci sono i sacrifici e poi ci vogliono molte qualità di dedizione, di costanza, di sacrifici giornalieri, rinunce da fare soprattutto in età scolare sino a 20 anni. Io ho fatto il liceo scientifico e mi era difficile conciliare le esigenze dell'adolescenza con quelle del doppio studio». È difficile essere un grande danzatore italiano? «Sì e dipende dalla concorrenza che è tanta e agguerrita. All'estero i danzatori sono privilegiati: c'è una grande tradizione e selezione, in Francia come in Russia. La cultura della danza maschile da noi non è diffusa come altrove. Le strutture non sono riconosciute come Covent Garden o l'Opéra di Parigi. Nel mio caso ci sono stati una serie di fattori o combinazioni: il talento. Che è indispensabile, la passione, le circostanze e la dedizione alla propria arte ma anche una dose di fortuna non guasta». Sente il peso dell'eredità di Bortoluzzi? «Non l'ho conosciuto, l'ho visto solo nei filmati, La sua figura non è oggi così presente come ancora dovrebbe essere: ha avuto un ruolo alla Scala». Quale il suo modello? «Nureyev, Vassiliev, Baryshnikov, che vedevamo nei video. Loro sono stati i modelli. Ho incontrato Nureyev alla Scala come Tazio in "Morte a Venezia". Fu un incontro importante perchè mi ha dato consapevolezza in quello che potevo diventare. Il grande mito per tutti noi ragazzi». Per lei è importante dividersi tra Italia ed estero? «Per me è importante essere in Italia; cerco di dividermi tra italia ed estero. Cerco di ballare perchè sento la responsabilità di essere un portabandiera della danza italiana nel mondo. Rappresento l'Italia anche in Giappone ma amo far conoscere agli italiani la qualità della danza anche servizi sui giornali e in Tv ci sono nuovi ballerini ed una nuova generazione. Quella del ballerino non è una figura polverosa: siamo degli atleti. Per attirare nuovo pubblico bisogna fare qualcosa. Io sento un affetto, un'attenzione del pubblico incredibile anche da parte dei colleghi in tutti i teatri». Ama il genere classico-moderno? «Mi interessano le nuove creazioni. Nasco classico ma sto facendo sempre più Fortsythe, Kylian. perchè è importante modello, dà libertà e qualità di movimento, che serve amche per il classico. In Giappone porto anche due classici moderni come Forsythe e Balanchine». Torna spesso e volentieri a Roma? «A Roma spero di tornare presto, compatibilmente con gli impegni...». Cosa direbbe ai giovani? «La situazione della danza in Italia è difficile: non c'è molto lavoro. Solo contratti a tempo limitato. Se uno ha la passione, come molti hanno, non è difficile la voglia di continuare, di crederci e di andare avanti. Quello che ti dà soddisfazione è emozionare il pubblico e vivere le emozioni. Questo ti ripaga di tutti i sacrifici. Fino che c'è questo fuoco è bello poter ballare sul palcoscenico. Nonostante i 3000 posti in Giappone è già tutto esaurito. I nipponici sono fanatici per la danza. Prima del galà del 17 luglio sarà in Giappone col Royal Ballet a Tokyo. Per l'occasione ho voluto attorno a me una corolla di danzatori italiani».

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