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DOBBIAMO proprio abituarci? Ci sono conflitti d'interesse che passano per antenne ...

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Al cuor non si comanda, ma nemmeno all'auricolare, né alla promozione che va dal settimanale da ombrellone, alla rivista patinata, alla televisione. Non c'è bisogno di un regista complice che inquadra lui che scende dalla scale e le lacrime sul viso di lei, basta un gioco di rimpalli che genera un effetto traino reciproco. Non sarà per questo che sono risaliti gli ascolti delle passerelle musicali? Dare al pubblico dei contenuti extra aggiunge forse quell'estensione privata che la platea televisiva sembra gradire più di ogni cosa. Ha ragione Ambra, che alla vigilia di tutti i suoi rinnovati impegni mondano-televisivi aveva dichiarato: «Abituatevi al conflitto di interessi. In futuro si riproporrà sempre più spesso. Sono ben felice di contribuire al mercato musicale attraverso uno che canta meglio di me, perché io ho smesso». Una deriva salottiera della ex enfant prodige (sic!) che pecca di presunzione. Allora sono questi i veri tormentoni a cui ci dobbiamo abituare. Affari loro, ma allontanano dalla musica o ci avvicinano ad essa nella maniera sbagliata. Martelli audiovisivi che arrivano diritti all'obiettivo, in barba alla crisi discografica. Unico rammarico è non aver visto Elio alle prese con una versione dub o drum'n'bass di «T'appartengo». Tim. Pin.

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