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«LA CONGIURA DI BERNINI»

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Nella guerra tra due artisti chi ci guadagna è Roma

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Urbano VIII, appena eletto, commissiona a Gian Lorenzo Bernini la realizzazione dell'altare maggiore di San Pietro. È soltanto uno dei molteplici progetti che impegnano l'infaticabile artista. Francesco Borromini al contempo interviene ai lavori della Basilica di San Pietro e firma alcuni importanti progetti come quello di San Carlo alle Quattro Fontane. Vita privata e impegni pubblici si intrecciano sotto l'ala vigile del potere papale. Dall'estro geniale dei due artisti in competizione fin dagli esordi della loro carriera, Roma si arricchisce di preziose testimonianze e sancisce due personalità dense di passioni (non solo per l'arte e l'architettura), spesso oggetto di aspre contese ed esplicite avversità insieme a entusiastici compiacimenti. Il nostro autore delinea le figure di Bernini e Borromini, inserendo le vicende amorose e "politiche" della giovane inglese Clarissa, figlia di Lord Whetenham, conte di Brackenhamshire. Giunta nell'Urbe, riceve ospitalità dalla cugina Olimpia Pamphili, personaggio senza molti scrupoli e abile nel tessere intrighi. Nello scenario spesso anche crudele della rivalità fra i due antagonisti, Clarissa partecipa alla quotidianità della vita romana, intrisa di passioni, cinismo, morte e, come recita il titolo, congiure. L'intreccio che ne deriva fa sicuramente "romanzo", il cui maggior pregio è la ricostruzione dello sfondo dove si svolge l'intero racconto: Roma. Monumenti, piazze, chiese e basiliche, di quello che ora è definito (come se fosse, anzi lo è, un museo all'aperto), centro storico, ritornano ad assumere il cuore pulsante della città che è soltanto quello, patrimonio dei suoi abitanti gelosi di ogni angolo da loro vissuto, violenti e devoti, cinici e volgari, vittime e carnefici di una realtà spesso ostile e di un potere che dello strapotere ne fa una regola. A tal proposito Peter Prange ci offre forse le pagine migliori quando descrive il carnevale del 1646, la peste, le carestie durante le quali si faceva il pane con le ghiande, «cucinavano minestre di ortiche e radici e si disputavano la carne di cavalli morti lungo le strade». O ancora quando i romani «bersagliavano con sterco di cavallo e di mucca, pesche e pomodori marci gli operai che staccavano le travi di bronzo dal tetto del vestibolo del Pantheon». Peter Prange, «La congiura di Bernini» Mondadori, 502 pagine, 18 euro

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