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L'Aura, il rock di chi deve il nome al Petrarca

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In «Okumuki» (la zona più calda della casa) si mescolano atmosfere quasi heavy metal con influenze jazz e blues

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Con una produzione di taglio internazionale, undici brani tra inglese e italiano e una registrazione curata da Enrique Gozales Muller, l'artista bresciana si è fatta notare subito con il singolo «Radio Star», uscito qualche settimana fa che dimostra una sapiente padronanza nel modulare la lingua straniera. «È un album in parte autobiografico - spiega L'Aura - Le canzoni raccolte all'interno del disco (cinque tracce sono in italiano e sei in inglese ndr) sono state scritte negli ultimi cinque anni e raccontano di storie che ho vissuto in prima persona. Negli ultimi tempi sono state modificate leggermente dai discografici e dai produttori, ma il risultato ottenuto mi ha estremamente soddisfatta. Mi piace scrivere e cantare in inglese. Ho vissuto due anni a San Francisco e ho imparato a esprimermi bene, ma considero la lingua italiana la migliore per spiegare un concetto: la trovo più ricca, e a me piace molto giocare con i significati e le parole». Perchè ha scelto Okumuki come titolo del suo cd? «È una parola giapponese. È il termine che in Giappone utilizzano per definire una parte della casa: è la zona più calda e intima, in poche parole il cuore dell'abitazione, la propria stanza». E il suo nome? «È un'idea di mio padre e della sua grande passione per Francesco Petrarca. E stato lui che nonostante non fosse convinto della mia scelta, mi ha permesso, comunque, di coltivare questa mia passione. A solo cinque anni mi ha regalato una tastiera giocattolo con cui ho iniziato a suonare». Nel suo disco trovano spazio brani in inglese e in italiano. Perché ha scelto di dividersi tra le due lingue?. «Ci sono diverse ragioni.Mia padre è un interprete e parla benissimo l'inglese. Mi ha aiutato molto durante il soggiorno in America. E poi mi affascina la musicalità dell'inglese. Non esiste, per me, una differenza tra le lingue. Per me il linguaggio è suono». Nel disco si riscontra una doppia vena musicale: il rock puro e atmosfere più soffuse legate al blues e jazz. Perché? «Tutta colpa di madre natura. Sono una donna con una voce dalla tonalità alta, ma nel mio animo sono una metallara. Ascolto dagli Slayer che fanno heavy metal, per poi passare dalla musica psichedelica e arrivare fino alla musica jazz e blues che adoro. Mi piace molto anche Mike Patton come personaggio, ma se in futuro avessi la possibilità di collaborare con qualcuno, mi piacerebbe lavorare con i Type O Negative e in particolar modo con il cantante Peter Steele». Cosa si aspetta dal futuro? «Sinceramente non ho nessuna aspettativa. Le aspettative le lascio a casa. Non ci trovo gusto nell'aspettarmi qualcosa dal futuro, anche perché il futuro te lo costruisci lavorando sodo».

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