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Valorizzato prima all'estero che in Italia New York, Balla e Boccioni nel nuovo Moma

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/Voglio il tuo corpo, con che potrei ancora combattere./ Ed io risposi: Già vecchio il mio corpo, Tomaso./ E poi, dove andrei? Ne ho bisogno io del corpo./ Ma ti darò posto nel Canto, ti darò la parola, a te. (...). Così Ezra Pound nei «Cantos», nel giorno della morte di Filippo Tommaso Marinetti, sessant'anni fa. Il poeta e fondatore del Futurismo si spense, nella notte del 2 dicembre 1944, per un attacco di cuore, a Bellagio sul Lago di Como. Aveva 68 anni, essendo nato da genitori italiani nel 1876 ad Alessandria d'Egitto. Due anni prima, nel novembre 1942, Marinetti era tornato in cattive condizioni di salute dal fronte russo, dove era andato a combattere volontario con il grado di maggiore. La notizia della sua morte fu pubblicata anche dal «New York Times». Il giornale socialista «l'Avanti» gli riservò parole rispettose benché sino alla fine egli si fosse mantenuto amico di Mussolini, che volle per lui funerali di Stato a Milano. Figura rimasta a lungo controversa, Marinetti è oggi internazionalmente riconosciuto come una delle personalità più importanti del Novecento italiano e il Futurismo, del quale egli fu promotore e ispiratore, è addirittura ritenuto, da alcuni studiosi, «come l'unica estetica che l'Italia abbia esportato nel mondo in epoca moderna». Cominciata all'estero, prim'ancora che in Italia, la valorizzazione di Marinetti e del Futurismo fu avviata dagli acquisti di opere e di documenti compiuti da grandi collezionisti, da musei e da università degli Stati Uniti dalla fine degli anni Cinquanta in poi. Gran parte delle carte di Marinetti sono infatti presso l'università di Yale o presso il Getty Center e molte delle più famose opere dei pittori futuristi - anzitutto di Boccioni e di Balla - sono nei musei americani e specialmente nel Moma di New York, che anche nel suo nuovo, recente assetto ha confermato a quegli artisti spazi di grande prestigio. È significativo poi il fatto che proprio in questi giorni la Mondatori abbia pubblicato tutto il teatro di Marinetti in due volumi curati da un professore della Stanford University, Jeffrey Schnapp. Da molti anni i libri di Marinetti pubblicati nel periodo futurista (1909-1944) raggiungono alti prezzi nel mercato antiquario, come del resto tutte le opere a stampa dei suoi compagni, da Palazzeschi a Soffici, da Cangiullo a Folgore. In epoca post-bellica vi è stato un crescendo dell'interesse per Marinetti, con un'impennata negli anni Sessanta durante i quali ancora la Mondadori gli dedica un «Meridiano» che ha poi quattro edizioni, l'ultima negli anni Novanta, decennio in cui appaiono, tra gli altri testi marinettiani, i «Taccuini 1915-1921» presso Il Mulino, le «Poesie a Beny» presso Einaudi, l«'Aeropoema di Gesù» a cura di Claudia Salaris presso gli Editori del Grifo e l«'Originalità russa di masse, distanze e radiocuori» che appare presso una piccola casa editrice, Voland, e va subito esaurita. Ultimamente, infine, la Vallecchi ha ripubblicato l«'Alcova d'acciaio», con prefazione di Gino Agnese, e «Novelle colle labbra tinte». Però, diversamente che all'estero, la critica italiana più autorevole è giunta tardi a riconoscere Marinetti come poeta tra i più significativi del Novecento. Edoardo Sanguineti aveva incluso testi poetici di Marinetti - oltre che di altri futuristi, come Buzzi, Cavacchioli, Farfa - nella sua opera in due volumi «Poesia italiana del Novecento» uscita da Einaudi in prima edizione nel 1969. Ma in Italia il riconoscimento definitivo a Marinetti poeta avviene nel 1999, quando due sue lunghe poesie vengono inserite - assieme a composizioni di altri futuristi, quali Govoni, Libero Altomare e ancora Soffici, Buzzi e Folgore - nell«'Antologia della poesia italiana, Ottocento e Novecento», diretta presso Einaudi da Cesare Segre e Carlo Ossola. La bibliografia di Marinetti, curata in bella edizione presso Skira da Domenico Cammarota nel 2002, occupa oltre duecento pagine ed è s

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