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C'era una volta l'Urss bacchettona. Ora la storia si racconta in chiave porno

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Eros e sberleffi, voilà la Russia

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La pretesa di fare una «storia» non tanto del costume, ma del paese, con una mostra di reggiseni; il pene di Rasputin mummificato esibito in un museo dell'erotismo organizzato da un medico specialista in problemi di prostrata. Prima della Rivoluzione, e nei suoi primi anni, un fiorire di avanguardie. Dopo il crollo del sistema uscito dalla Rivoluzione, una esplosione erotica, quasi a rivalsa di una bacchettona facciata pubblica in cui il sesso era più che mai liberatorio. Nel Novecento, prima del sanguinario periodo di Stalin e quello burocratico-autoritario dei suoi successori, l'arte russa faceva a gara con le avanguardie europee in provocazioni e arditezze, agganciandosi al futurismo italiano. In nessun altro paese, nemmeno nella sua amatissima Francia, Filippo Tommaso Marinetti riscosse tanti seguaci come nella Russia zarista al tramonto: la sua visita a Mosca e San Pietroburgo prima della guerra fu trionfale; nella capitale sulle rive della Neva, il cabaret «Al Cane Randagio», un semi-interrato dietro il Nevsky Prospekt fu prima della Rivoluzione il regno di poeti e artisti futuristi. Per essere stato luogo delle serate marinettiane era venerato; poi si ridusse a maleodorante cantina. Dopo il lungo gelo e il moralismo pubblico, si mette adesso erotismo in tutto. La mostra dei reggiseni rientra in questo quadro. Dal maresciallo Kutuzov, nel 1812 vincitore di Napoleone, a Putin, sciorina le vicende della Russia su questo indumento: che in età sovietica era solo reggipetto, senza pretese al sexy. Solo reggipettoni, e mai messi in vetrina. Due secoli di storia russa sulle coppe, ricostruita in modo fantasioso da un pittore caricaturista, Andrei Bilzho. Voilà Kutuzov su un reggipetto: coppa con un occhio e l'altra nera, con richiamo alla benda che il maresciallo portava sull'occhio da cui non vedeva; voilà, su un altro reggipettone, profili di Lenin e Stalin come i tatuaggi dei felici ospiti dei Gulag, che si rappresentavano sul corpo gli amatissimi che ve li avevano mandati. E poi, su altre coppe dei 25 reggipetti, le cespugliose sopracciglia di Breznev, la voglia in fronte di Gorbaciov, l'aquila bicipite della Santa Russia, gli occhi inquisitori, scuola Kgb, di Putin. La mostra moscovita fa il paio col capolavoro naturale esposto al museo dell'erotismo di San Pietroburgo: il fallo di Rasputin, il «monaco peccatore» alla corte di Nicola II, ucciso nel 1916 a Palazzo Yussupov da un gruppetto di cospiratori fra cui lo stesso giovane, efebico principe Felix Yussupov, che per lui si travestiva da zingarella cantandogli canzoni gitane. Un pene di 30 centimetri che, si pretende, fu reciso a Rasputin ormai morto da una sua amante, che lo fece mummificare e se lo portò in esilio, da dove, acquistato per ottomila dollari dall'organizzatore del museo, è tornato sulla Neva dopo lunga permanenza tra Parigi e California. La magnifica città di Pietro suscita evidentemente, con le emozioni per le sue bellezze, anche morbose atmosfere. Nel 1986, la Tass dette notizia che due ricercatori di Pietroburgo avevano messo a punto un medicinale per curare l'impotenza, un Viagra prima del Viagra: ma senza cedere a delicate fantasie da notti bianche lo avevano battezzato brutalmente «Erector». Se ne è persa traccia, notizia e ricerche non hanno avuto seguito. Che dire? Stravaganze, non gesti liberatori. Nella plumbea Russia sovietica, nel 1988 fece sensazione la prima scena di nudo in un film, «La storia di Vera». I due conversano a letto, dopo il rapporto sessuale, nella rilassatezza post-coitum. Lui domanda a lei, Vera: «Tu che cosa vorresti fare nella vita da grande?». E lei: «Realizzare gli ideali del marxismo -leninismo». I cinema, perché c'era questa scena di nudo e perché era un bel film, erano strapieni. Ma a questa risposta di Vera, l'intera sala esplodeva in risate colossali. Lo sghignazzo generale dall'allora Leningrado a Vlad

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