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Tra fisica e letteratura per raccontare gli Usa ingenui

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Affronta i problemi e le tematiche relative all'angoscia contemporanea, e soprattutto si rende partecipe dell'impotenza dell'uomo al cospetto della macchina che così ferocemente vuol privarlo della facoltà del ragionamento, della riflessione. Può risultare più che interessante il fatto che divida le sue giornate lungo due linee parallele di insegnamento, la Fisica, nell'ufficialità dell'impiego e del lavoro, e la scrittura creativa al Massachusetts Institute of Technology. Risultato inevitabile: testi scientifici e un libro di narrativa, «I sogni di Einstein» (1993), che la dice lunga anche nel titolo. Vive a Boston, città anomala nel contesto degli States, dove l'immissione nel tempo di una vasta colonia occidentale di lingua inglese, proveniente soprattutto dalla Gran Bretagna, o più di recente dalle ex colonie del Regno Unito, ha favorito la nascita e il proliferare di una classe sociale molto attenta alle tematiche dell'essere che non trascurino l'esteriorità del comportamento, vale a dire l'ineccepibilità. In questo senso, direi che Lightman è più bostoniano che memphisiano, il mondo contadino del Tennessee sembra molto lontano. Proprio tale ciclo evolutivo lo sta sospingendo verso una tematica oggi comune a molti scrittori d'America della sua generazione, come schiacciati da dolorosi e tremendi interrogativi sul presente, sul futuro, sulle sorti umane e progressive di un popolo che non riesce a guarire dalla malattia dell'innocenza, dell'ingenuità. W. M.

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