Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Sul video le opere epiche dell'italo-napoletano Russo

default_image

SKY CULT

  • a
  • a
  • a

Ieri, a Napoli, nell'auditorium dello storico Teatro Bellini, l'attore e regista partenopeo ha presentato alla stampa, e a un pubblico di fedelissimi, alcuni estratti delle due puntate (con il titolo «Epico Italiano», la seconda sarà su Cult l'8 maggio, alla stessa ora) Da «Cafè Chantant» a «Scugnizza», da Shakespeare a Viviani, estratti del vasto repertorio di Tato Russo si alternano ai commenti e alle rivelazioni dell'autore sul suo modo di scrivere e allestire i testi e sulla sua «doppia anima», napoletana e nazionale. Tato Russo, di forte emozione sono parse soprattutto le immagini di «Viva Diego», il musical del '96, dedicato a Maradona. Perché ha atteso tanto per portarlo in tv? «"Viva Diego" lo voleva Raidue. Venne in Teatro, a Napoli, l'ex direttore Freccero che progettava di farne un evento televisivo. Ma a quel tempo, avevo forti riserve sul modo in cui la Tv trattava il Teatro e rifiutai. Stavolta, è diverso, perché il programma di Cult non specula su un successo, ma è un documento completo sul mio Teatro. Perciò, ho acconsentito a che venissero inseriti quasi mezz'ora di brani di "Viva Diego", uno spettacolo che vorrei riprendere e portare in tutta Italia, ma ha un impianto costoso: vanno in scena ben cento attori». Maradona ha gradito «Viva Diego»? «Maradona ha saputo del musical e ci ha fatto sapere che gli aveva fatto molto piacere. Però, voglio precisare che il musical non riguarda direttamente la vita e la personalità di Diego Armando Maradona. In "Viva Diego" si canta e si danza sugli spalti dello stadio San Paolo, in occasione di un Napoli-Milan. Lo spettacolo è uno spaccato sociale di quello che significa il calcio per i napoletani e sul tipo di gente che riempie lo stadio, la domenica. Ci sono i borghesi, i ceti popolai, i camorristi, perfino suore e preti. Maradona fu capace di richiamare allo stadio ogni categoria sociale della città». E allo stadio quella gente si trasformava? «Certo. Ed è proprio questo che mostra "Viva Diego", anche con qualche aspetto che poi si è rivelato profetico, come la violenza negli stadi, e alcuni incidenti mortali. Maradona è un pretesto, non è il protagonista del musical. Il protagonista è il pubblico della partita di calcio, che a Napoli, ai tempi di Diego, era vissuta come una grande festa, quasi un gioioso rituale pagano». Dopo «Viva Diego» ci sono stati «I promessi Sposi» da Manzoni, e «Il ritratto di Dorian Gray» da Oscar Wilde. Qual è la differenza tra i suoi musical e altri, come «Il gobbo di Notredame» o «Tosca»? «In Italia, c'è la commedia musicale, lanciata dalla celebre ditta Garinei e Giovannini, e questi spettacoli recenti che sono composti da una serie di canzoni su un certo tema. Lì prevale la musica. Nei miei lavori, invece, è la drammaturgia teatrale a guidare le parti musicali. Pertanto, la storia si segue bene, i personaggi sono chiari e la gente se ne ricorda anche dopo, non gli resta solo un motivo da canticchiare. I miei musical seguono l'impostazione del melodramma. Infatti, penso che il musical dovrebbe essere prodotto e messo inscena dai Teatri d'Opera».

Dai blog