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di PIRRO DONATI «COME il canto degli uccelli nel dolce maggio», declama Hans Sachs nei «Meistersinger ...

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Un minuto di silenzio per le vittime delle guerre e del terrorismo, e Zubin Mehta attacca il celeberrimo preludio dell'epopea cinquecentesca dei cantori-poeti e artigiani bavaresi messi di fronte alla scelta, insita in ogni arte, se ripetere stancamente la tradizione o aprirsi alle novità. Numero sconfinato di cantanti: 12 sono solo i Meistersinger, i cui interpreti sono apparsi di buon livello. Vocalmente i migliori sono il tenore Robert D. Smith e il soprano Emily Magee, nei panni del nobile Walter von Stolzing e di Eva: il loro amore è il motore della storia poiché per sposare la fanciulla Walter deve diventare Maestro cantore. Menzione d'onore a Jörg Schneider, che scolpisce superbamente il personaggio di David. Come promesso, Mehta alleggerisce drasticamente l'orchestrazione wagneriana, apparsa trasparente, vivace, perfino delicata, ma a tratti forse vaporosa. È un Wagner di alto livello che tuttavia non raggiunge la bellezza e la perfezione del «Tristan» del '99 se non nel terzo atto, quando dal quintetto in poi si decolla per davvero. La regia di Graham Vick è tutta nella recitazione, accuratissima nella litigata tra maestri cantori del primo atto e fantasiosa nella baruffa che conclude il secondo, arricchita dagli scatenati artisti circensi. Belle le luci di Wolfgang Göbbel, povere e ordinarie le scene di Richard Hudson. Non sorprende: l'allestimento del Covent Garden risale al 1993 - anni di crisi economica del teatro londinese - e in Italia s'era già visto a Torino nel '95. È scelta che lascia perplessi: sin dalla fondazione negli anni '30 il Maggio Musicale si è caratterizzato come Festival innovativo anche nel campo degli allestimenti prodotti o coprodotti. Inaugurarlo con uno spettacolo di 10 anni fa, godibile ma preso in affitto, non sembra in linea con la sua tradizione.

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