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La campana dà il ritmo della vita

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I suoi rintocchi dal fondo del lago scandiscono gli eventi ad Imbert CourtIn un'atmosfera da incubo si incrociano i destini di gente dal passato equivoco Bene, giustizia, fede sopraffatti dai nuovi demoni: follia e crudeltà

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Per costruire temperie ed atmosfere di questo tipo, la Murdoch ha infilato una serie di romanzi in cui i personaggi evidenziano una esistenza di continuo turbata da eventi esterni e interiori, e, da questo punto di vista, «La campana» si configura davvero come il romanzo-cult della scrittrice, al punto che, nello svariare delle situazioni che si susseguono, ritroviamo spezzoni di vita poi utilizzati in altre opere, non come riferimenti isolati, bensì come vere e proprie radici di un comportamento, di una temperie. Il titolo spiega come protagonista della vicenda sia una campana finita in fondo al lago, nel verde scenario di una campagna inglese, dove sorge un'antica abbazia di suore benedettine. Certe precise connotazioni del romanzo gotico, al quale la Murdoch in quella stagione amava ispirarsi, si sperdono lungo le distese della pianura, si nascondono, riemergono, in un gioco di specchi strenuamente fascinoso, sotteso di misteriose leggende, secondo una delle quali, a seguito dell'adulterio di una monaca, una sorta di maleficio sarebbe calato dall'alto sul convento e una campana, distaccatasi dal campanile del monastero, sarebbe piombata nel lago oscuro e tetro, arenandosi sul fondale: e nel silenzio mistico della vallata, non poche volte i suoi rintocchi avrebbero spaventato gli abitanti del luogo. È quanto basta alla Murdoch per costruire pazientemente una serie di personaggi suggestivi e misteriosi, le cui esistenze paiono come scandite da rintocchi misteriosi e severi che vorrebbero marcarne le impurità, i richiami della coscienza. Si incrociano i destini fra uomini e donne del passato da dimenticare, vanamente a caccia di un equilibrio che le torbide atmosfere non aiutano a correggere, malgrado una piatta calma apparente che inviterebbe ai silenzi, dentro e fuori dell'animo umano. C'è un uomo sorretto da forti emozioni religiose, frustrate da giovanili peccati di omosessualità, un docente universitario con una consorte frivola e non proprio fedele uno studente timido ed efebico che sta faticosamente affacciandosi alla vita adulta, uno sbandato adolescente e infine una ragazza in procinto di prendere i veli monacali. Sono tutti abitanti di Imbert Court, una comunità laica forte di inflessibili principi religiosi, che vive riflettendosi di continuo nello specchio di quelle acque limpide e misteriose, increspata quanto basta per rendere il mistero stesso ancora più impietoso e insondabile. Gli stessi rintocchi incomprensibili e spettrali, son lì a testimoniare mancate risposte a legittime domande: e tutto questo serve ad accrescere oltre misura la tensione incombente, in una comunità drammaticamente divisa fra incanto e disincanto che produce paura, attesa e sobbalzi di coscienza che determinano profonde emergenze di colpe lontane, di paure remote. Il coinvolgente fascino della leggenda della campana in fondo al lago aiuta e guida la soggezione, la forte dipendenza di tutti i protagonisti (non ce n'è uno che domini sugli altri, è tutta la comunità a far gruppo d'insieme...) che vivono scontando questa fantasmatica presenza, che dal profondo sospinge sopite pulsioni, determina nuove e più sottese inquietudini. Romanzo-chiave, si diceva, per meglio intendere il successivo percorso compiuto dalla Murdoch sul terreno del romanzo puro ed essenziale, tutto teso a proporre destini di convergenze e di dolorose divergenze, «La campana» si avvale di un linguaggio mai fine a se stesso, bensì finalizzato a porre in risalto alcuni

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