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Morricone: «Irripetibili i western di Leone»

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Non capita spesso al tempo d'oggi infatti di ascoltare le musiche del padre dirette dal figlio. Si ascolteranno pagine di Ennio Morricone, senza dubbio il più popolare autore di colonne sonore italiano, dirette dal figlio Andrea. In programma i due volti del Morricone compositore, quello colto e raffinato della musica d'arte con «Ut, concerto per tromba, timpani e archi», e la cantata «Frammenti di Eros» da una parte e la succosa, accattivante e certo più accessibile «Cinema Suite» dall'altra ad evocare tanti titoli immortali da «Giù la testa» e «Mission» a «C'era una volta il West», da «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» al «Nuovo Cinema Paradiso». Morricone, che effetto fa riascoltarsi diretti dal proprio figlio? «Mi ha già diretto diverse volte. Confesso che è sempre però un'emozione diversa, perchè come interprete è sempre in progresso e mi aspetto una lettura sempre diversa, anzi migliore delle precedenti». Come concilia musica da film e musica d'autore? «Non sono la stessa cosa: nel cinema la musica è condizionata dal film, dal pubblico, dalla storia e dal regista. Qui il pubblico ha bisogno di musica non complicata che distragga dalle immagini del film, l'altra nasce da esigenze interiori dell'autore. Poi però ci possono essere nella musica da film anche elementi stilistici della musica cosiddetta assoluta, ma questo è un altro discorso». Quale dei due generi le dà più soddisfazione? «Sono cose diverse, non sono paragonabili. Quando è al servizio del film, la musica è per così dire subordinata, complementare. Non si compone un'opera assoluta. Quando la musica invece è libera da ogni condizionamento esterno c'è una responsabilità e soddisfazione completa. Questo non vuol dire che una musica ben riuscita da film, che si ascolta bene, sia di minore soddisfazione». Può esserci ancora un'epoca d'oro per il filone western & spaghetti? «Non saprei dire. Non vedo nel futuro. Non credo ci sarà un'altra stagione come quella di Sergio Leone dopo Leone. Lo ha portato a livello di grande forza e bellezza. Potrà solo rinnovarsi la stretta intesa tra immagine e colonna sonora». Quanto incide oggi la musica sulla riuscita di un film? «Non credo che ci sia una buona musica che possa salvare un cattivo film. Quello che occorre è una buona musica per un buon film. C'è bisogno tra regista e compositore di una stima reciproca e voglia di migliorarsi con la frequentazione artistica. Una cosa può essere buona per me ma non abbastanza per il regista. Ci sono incontri e lievi scontri a volte, come accade sempre nel confronto delle opinioni. Opinioni sulla musica, che ognuno sente secondo la propria esperienza musicale... La musica da film non si studia nei Conservatori, ci si arriva per intuito». Progetti in celluloide nel cassetto? «Devo fare alcuni film con due registi inglesi, uno ungherese e uno italiano. Ma non posso dire di più. Sarebbe indelicato parlarne».

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