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Preti e suore in Tv solo se il vescovo dice sì

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Don Passante ha deciso di rinunciare a «Sarabanda» di Papi dopo il consiglio del suo superiore

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Dopo la ventilata e successivamente smentita presenza all'interno della casa del Grande Fratello, del sacerdote napoletano don Vincenzo Passante, lo stesso sacerdote si è presentato come concorrente al gioco «Sarabanda», condotto su Italia Uno da Enrico Papi. Ma è di ieri la notizia che il religioso dovrà abbandonare la platea televisiva perché, dopo un colloquio con il suo vescovo, il superiore gli ha consigliato di lasciare il gioco, pena la sospensione dell'interessato dalle sue funzioni sacerdotali. Lo ha dichiarato lo stesso don Passante, annunciando di voler obbedire, come il suo ruolo di sacerdote gli impone. Troppi preti, in Tv, dunque. Ed il dibattito si riaccende. A delimitare, secondo regole ben precise, la presenza di preti in programmi di puro intrattenimento viene ribadita l'importanza di un documento stilato dal direttorio sulle comunicazioni della Cei (la Conferenza episcopale italiana), che indica le modalità per la partecipazione dei sacerdoti e religiosi alle trasmissioni televisive. In particolare, il documento prima sottolinea che è doveroso richiedere eventuali autorizzazioni e fare in modo che il pubblico non faccia confusione tra insegnamento della Chiesa ed opinioni personali. Perciò i sacerdoti devono informare il vescovo locale per valutare se l'intervento in video è opportuno e come svolgerlo. Nel caso di rubriche o interventi sistematici occorre una esplicita autorizzazione. E subito dopo puntualizza che sono da evitare presenze in programmi di puro intrattenimento o in dibattiti di carattere politico e sociale, quando si corre il rischio che la figura religiosa ed i suoi interventi possano essere oggetto di banalizzazione o strumentalizzazione. Proprio il rischio intravisto nel programma «Sarabanda». Il documento della Cei ha l'obbiettivo di selezionare non solo le trasmissioni ma anche la presenza in video di preti e suore che, se vanno in Tv devono conoscere il contesto in cui si trovano ed agire con coerenza, consigliati dai propri superiori. Insomma il telespettatore italiano adesso saluterà don Passante. E, in futuro, certamente non vedrà più riproposta sul piccolo schermo la discussa puntata di «Furore» del 19 febbraio del 1999, durante la quale le due squadre dei "ragazzi" e delle "ragazze" che si contendevano la vittoria a suon di canti e balli erano composte da sacerdoti e suore. A guidarli c'era il conduttore storico di «Furore» Alessandro Greco che, nel puntualizzare come quell'evento segnò per la trasmissione il picco storico di audience, otto milioni di spettatori, oggi commenta: «Credo di intravedere nella scelta di una limitazione dei preti in video, il timore di una esagerazione spettacolare alla quale, forse, alcuni sacerdoti si sono in passato lasciati andare. Io confido nel giusto senso della misura degli esponenti religiosi e sono convinto della necessità della loro presenza in video in trasmissioni vicine alla gente comune e non soltanto in contesti religiosi» «Condivido le ragioni di una scelta più oculata delle trasmissioni», afferma Suor Paola, tifosa laziale, ex ospite fissa del programma «Quelli che il calcio» condotto da Fabio Fazio. «È vero, ho subito critiche per quella mia partecipazione, ma poi sono stata accettata perché la mia presenza è stata riconosciuta come una vera pastorale dello sport», continua suor Paola. «Sicuramente non bisogna eccedere, ma utilizzare la Tv secondo l'invito del Santo Padre, per mandare un messaggio di speranza ed essere vicini alla gente», conclude la religiosa.

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