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di GIAN LUIGI RONDI È GIA' IERI, di Giulio Manfredonia, con Antonio Albanese, Goya Toledo, ...

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DI SOLITO è a Hollywood che rifanno, sia pure a modo loro, i film europei, francesi e italiani, soprattutto. Oggi, invece, si è verificato l'inverso. Per iniziativa di un regista italiano, Giulio Manfredonia, che ha ripreso paro paro un film americano del '93, «Ricomincio da capo», scritto e diretto da Harold Ramis, spesso apprezzato per molte sue commedie, da «Nationan Lampoon's Vacation» a «Terapia e pallottole». Per rifare quel film, Manfredonia aveva un motivo perché corrispondeva abbastanza a quei giochi surreali con cui, tre anni fa, aveva esordito nel cinema con «Se fossi in te», commedia un po' stramba, ma divertente, che vedeva tre personaggi assumersi via via le personalità degli altri due. Nel film di Ramis, lo spunto, anche se non dissimile, partecipava di identiche occasioni surreali perché ci diceva di un giornalista televisivo che, durante una sua trasferta, finiva curiosamente ogni mattina per risvegliarsi sempre nello stesso giorno. Manfredonia, con la collaborazione di Valentina Capecci con cui aveva già sceneggiato l'altro suo film, non solo riprende quello spunto ma, con poche varianti, lo svolge più o meno secondo la falsariga del modello originale. Siamo alle Canarie, Filippo inviato dalla Tv, deve fare un servizio su marmotte e cicogne ma è molto divo, scontento di tutto e pronto a scontentare tutti. Un giorno, però, una cicogna gli becca la testa e dal mattino dopo ecco che si ritrova sempre alle prese con lo stesso giorno, con la stessa gente, gli stessi gesti, le stesse battute. Una situazione tragicomica, e paradossale, che non tarda comunque a indurlo a mutare di carattere, diventando buono, mansueto, paziente e generoso. Fino a quando, grazie a un amore cui prima non aderiva in nessun modo, uscirà dal suo incubo. Lieto fine. Al posto Bill Murray, protagonista del film americano, qui adesso c'è Antonio Albanese e si deve molto a lui se questo curioso rifacimento riesce in vari momenti a convincere. Prima è stizzoso, altero, scostante, poi, quando il sortilegio lo coinvolge, dopo la stupefazione, lo spavento, il furore, riesce ad assumere modi altruistici plausibili, senza scadere mai nel patetico. Certo, non tutte le occasioni narrative lo sostengono, specie nel disegno e nelle situazioni dei personaggi di contorno, ma il divertimento non manca. E a questo soprattutto si tendeva.

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