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NON C'È stato un vero discorso della famiglia ieri ai funerali di Norberto Bobbio, come lo stesso filosofo ...

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Spiegando di avere trovato queste frasi in otto foglietti di appunti lasciati dal padre, il figlio Andrea ha detto che la famiglia ha deciso di usare queste parole per l'ultimo ricordo. «Mi avete fatto un grande piacere, un grande onore, ma mi avete messo un pò in soggezione, anche la banda, che è una delle espressioni più belle, genuine, tradizionali del paese di Rivalta - disse il filosofo nel '95 quando ricevette la cittadinanza onoraria - Bisognerebbe scriverne la storia. I miei ricordi risalgono a molto lontano. Dopo la prima Guerra mondiale c'erano i cattolici e i laici. La banda che suonava alta nel piazzale vicino a casa. Rivalta paese musicale: il coro in chiesa, l'oratorio. È la prima volta che vengo accolto dalla banda. Non mi sono considerato un uomo importante. Ho sempre guardato in alto e non in basso. Mi considero soprattutto un uomo fortunato». Con la voce rotta dalla commozione, il figlio Andrea ha proseguito: «Fortunato per la famiglia in cui sono nato. Fortunato per la famiglia che Valeria ed io abbiamo costruito più per merito di mia moglie che mio, per i professori, per gli amici e i discepoli che ho avuto e, perchè no, per questo paese pacifico e laborioso in cui ho passato tanta parte della mia vita. Fortunato perchè ho trascorso indenne la terribile storia del secolo Ventesimo. Indenne quando molti hanno sofferto prigionia e tortura. Fortunato anche per gli anni in cui sono arrivato un pò malandato ma ancora in grado di gustare la musica della banda di Rivalta. Non mi sono mai preso sul serio. Bisogna guardare anche a se stessi con distacco e ironia. La lunga fabula della mia vita. Il futuro passa dal paese». Negli appunti di Bobbio c' è poi un pensiero rivolto a Benedetto Croce definito «un maestro della nostra generazione, diceva molto saggiamente che bisogna avere amore delle cose, non di se stessi, che quanto più si amano le cose, cioè l' opera, le opere, tanto più si riesce a distaccarsi da se stessi». Il testo continua: «Con gratitudine e con imbarazzo, ma forse il sentimento più bello è la commozione. Questo ritorno a Rivalta ha aperto la strada ai ricordi dell' infanzia. Sono i ricordi più teneri. Oggi dimentico quello che ho fatto il giorno prima. Anche i giorni più felici. I ricordi dell'età dell' innocenza, dell' inizio della grande avventura, del viaggio di scoperta del mondo protetto dal calore degli affetti». «Ho imparato - così si concludono gli appunti - a dire no a ogni forma di razzismo, di odio, di clan o di razza, la malattia che infesta il mondo. Ho imparato che se una madre di una tribù africana piange e si dispera per la morte del bambino, piange nello stesso modo in cui piange madre italiana o americana. Tornando al principio ho imparato che non bisogna darsi troppe arie, e anche quando c' è la banda che suona per te, sei anche tu uno per cui verrà l'ora in cui anche per te, come per tutti gli altri, suoneranno non la banda, ma la campana».

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