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Il trionfo delle arti marziali

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TORNA Jackie Chan, con la solita speranza di assomigliare a Bruce Lee, nonostante, specie adesso con un po' di annetti più, riesca al massimo a ricordarci Takeshi Kitano (per la faccia, naturalmente, non per la creatività). Però continua con il kung fu e in quel campo, non può dirsi che abbia oggi molti emuli, se si eccettuano quelli di «Matrix», con la differenza che loro non si peritano di volare anche in barba alle leggi di gravità. Attorno a Jackie Chan, comunque, c'è anche un po' di «Matrix» perché le arti marziali dispiegano ad ogni angolo tutte le loro mosse, centuplicate questa volta dal «medaglione» del titolo (perché «medallion»?) che oltre a garantire l'immortalità a chi lo possiede mette le ali ai piedi e le saette tra le mani a quanti si servono del kun fu per combattere gli avversari. Numerosi più del solito e agguerritissimi, a cominciare dal cattivo di turno che dà spesso scacco matto a Kackie Chan nonostante a un certo punto gli dia man forte una bella agente inglese. Senza che ci si preoccupi troppo, comunque, perché storie così si concludono difficilmente con la vittoria dei cattivi. La regia tutta botte, colpi gobbi, gesti furenti e mimiche truci, è di Gordon Chan che si è fatto una certa fama a Hong Kong con film d'azione uno più affannato dell'altro, la sceneggiatura dell'inglese Bey Logan che, oltre a metter su una storia fitta di contrattempi e giravolte, ha trovato modo di svolgerla in parte anche in Irlanda (forse pensando a... Ford). Assecondano i due, oltre a Jackie Chan, addirittura come «cattivo», Julian Sands: più vicino ormai al «Pasto nudo» che non al «Sole anche di notte». G. L. R.

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