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«Metto idee nelle vicende minute» Esaltata la poesia dei gesti quotidiani

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Ora, con il suo nuovo libro «Il segreto del viandante» (Mondadori) svela un'altra vocazione: quella del diarista che dà forma nella scrittura a una autobiografia intima, animata dal sapore intenso della nostalgia. Questo libro, il più personale finora pubblicato da Veneziani, è scandito per mesi, ognuno con una inclinazione definita da un verbo, nel «tentativo — come precisa l'autore — di calare le idee in mezzo alle cose, ai corpi, ai viaggi e ai paesaggi, alle storie vissute e alle vicende minute; restituendo la parola ai sentimenti, senza pudori, per far venire allo scoperto affetti, angosce e legami rimossi». Da tale sincero proposito deriva una penetrante visione che illumina sia l'intimità sia l'esteriorità di una vita, toccando con elegante chiarezza, con intensa partecipazione, con inedite osservazioni, gli aspetti quotidiani e apparentemente comuni dell'esistenza, che hanno sempre una profondità significativa. Basta scavare, basta saper guardare. Infatti Veneziani non fa distinzioni fra temi nobili e temi semplici, indagati e rappresentati attraverso il filtro dell'esperienza, attraverso le connessioni, le metafore, le allusioni di una intelligenza tanto colta quanto brillante. Si ammirino, per esempio, le pagine sul caffè e sui caffè di una volta, con il loro sottile senso filosofico, oppure le affettuose pagine sull'asino che è scomparso perché animale conservatore, premoderno. Sono argomenti arcaici, superati? Ma proprio questo è il senso del libro: la meraviglia di chi ha la fortuna di essere vissuto in due epoche, in due mondi completamente diversi, addirittura opposti. Veneziani è nato nel Sud, in una cittadina pugliese cui spesso tornano i suoi ricordi; e nel Sud la preistoria è durata fino alla metà del secolo scorso, poi la storia, ossia la modernità con i suoi oggetti tecnologici, è arrivata anche lì e ha cancellato tutto, almeno in superficie. Chi custodisce nel cuore la memoria del passato ha la disposizione giusta per non lasciarsi irretire dalle favole moderne e postmoderne, conserva per esempio la capacità di distinguere i gusti, sul cui filo Veneziani compone un'elegia del pane, del pane di una volta; oggi c'è un pane d'élite, estroso e ricercato, e c'è un pane di massa, anche nel senso di massa insapore. E qui, come per tutti gli altri argomenti, si leggono con sorpresa pagine e pagine di variazioni storiche, antropologiche, folcloristiche, linguistiche sul pane che non c'è più. Anche a questo serve la nostalgia culturalmente ben nutrita, a non farsi imbrogliare dalle quotidiane proposte di una contemporaneità tanto colorita e vivace quanto intimamente povera e falsificante. Sullo stesso registro emotivo sono raccontati i sentimenti, quelli da conservare contro la distrazione e il cinismo di oggi. Non rammento di aver mai letto un inno all'amore coniugale così poetico come quello racchiuso in queste pagine, quando un personaggio (l'autore?) descrive la natura dei sottili ma tenaci fili che lo legano alla moglie, declinati in tante commoventi sfumature. D'altronde Veneziani ha la generosa facoltà di comporre sui temi che egli ama una sinfonia di citazioni, paralleli filosofici e letterari, anche con straordinari paradossi tra ironia e illuminazione spirituale, in una ricca modulazione che lievita davanti agli occhi incantati del lettore. Alla fine, il sigillo di queste pagine: la vita vissuta e i pensieri impersonali che recano tracce di più alti percorsi hanno uguale dignità perché entrambi simboleggiano l'umana avventura «che gira intorno alla sua origine e torna, e vorrebbe tornare, ed eternamente ritorna».

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