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di ANTONELLO SARNO UN CONVEGNO di studi sul cinema dei Vanzina, fortunatissimi autori ...

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Un'idea che fino a poco tempo fa sarebbe suonata al massimo come uno scherzo (forse addirittura macabro, almeno per i komeinisti della Settima Arte) e che invece si avvera proprio in questi giorni, ad Assisi, dove, oltre a Carlo ed Enrico viene strameritatamente celebrato anche il cinema del loro papà, il leggendario Steno, ovvero Stefano Vanzina, scomparso nel 1988. Una rivalutazione sacrosanta. Già, perché i film dei Vanzina, od almeno i loro titoli migliori, sono per molti versi un modo semplice e utile di leggere alcune mutazioni genetiche della famiglia italiana dagli anni '60 in poi. Da «Sapore di mare» (1982) a «Il pranzo della domenica» (2003) il cinema dei Vanzina è riuscito, con uno stile quasi cronachistico (imprecisioni e frettolosità incluse, quindi), a raccontarci con leggerezza padri e figli, scuole e studenti, vitelloni e vacanze, pranzi e cene in famiglia, Pasque e Natali con un occhio sempre particolarmente attento alla borghesia romana. Quella che in gergo si chiama "generone". Già, i romani. A guardare la vasta filmografia dei Vanzina salta subito agli occhi che la loro percezione della romanità è assolutamente democratica ed egualitaria fin dai tempi di «Un giorno in pretura», con Alberto Sordi e Peppino De Filippo, firmato da Steno nel 1953. Nei loro titoli, infatti, sono presenti i romani delle estrazioni più diverse, dal pariolino all'intellettuale di sinistra. Tipi e caratteri generalmente raccontati con benevolenza, ma nel pieno rispetto delle regole della commedia e, quindi, della comicità, spesso giocando, anzi, sugli opposti. La verità è che quando parlano di Roma o dei suoi abitanti, i Vanzina sono attentissimi. E mai provinciali. Per il semplice fatto che, parlando di Roma e dei romani, Carlo ed Enrico ci parlano di se stessi, delle loro famiglie, dei loro amici. Cioè delle persone e delle cose che conoscono meglio. Una scelta artistica che, nel caso dei Vanzina, è valsa alla realizzazione di alcuni tra i ritratti più azzeccati e divertenti (non si dimentichi che si sta parlando soprattutto di commedie) della recente "romanità cinematografica". Dallo straordinario duetto Gigi Proietti-Enrico Montesano protagonisti di «Febbre da cavallo» (diretto da Steno nel 1976, un fasto rinnovato diciotto anni dopo nel sequel «La mandrakata») all'accoppiata Marco Urbinati-Claudio Amendola che regge per buona parte sulle proprie spalle «Vacanze di Natale» (1983), fino a quel piccolo concerto di battute prodotto dall'intero cast del «Pranzo della domenica», uscito vent'anni dopo (con una citazione al merito per la capofamiglia Giovanna Ralli e per lo straordinario Maurizio Mattioli), i Vanzina dimostrano che quando hanno a che fare con Roma non sono secondi a nessuno. Perché, ed è la vecchia ricetta dei bei film, riescono a far ridere con intelligenza, sensibilità e tenerezza.

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