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di ANTONIO ANGELI LO SCONTRO degli uomini contro l'impero delle macchine, che vuole ridurre ...

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O almeno così promettono i fratelli Wachowski, grandi sacerdoti della saga di Matrix, che oggi presentano il terzo film della serie con un maxi-lancio simultaneo in 80 Paesi. Dopo «Matrix» (1999) e «Matrix Reloaded» (inizio del 2003) arriva «Matrix Revolutions». Il film rimette in gioco Keanu Reeves che, con tonaca nera e occhiali da Terminator, impersona Neo, l'eletto, unico in grado di salvare l'umanità. La minaccia che incombe sul genere umano non è più l'annientamento, come avviene nei classici film di fantascienza sul genere «La guerra dei Mondi», kolossal in Technicolor del '53. Ora, nel Terzo Millennio, il baratro è rappresentato dal «congelamento» dell'umanità cullata nella realtà virtuale, dove le persone si autoannullano in una routine di vita illusoria. Con questi tre film trova la sua consacrazione cinematografica un singolare filone della fantascienza: il «cyberpunk», nato dalla paura, massicciamente dilagata nel secondo Novecento, dell'individualità umana schiacciata dalla massificazione cibernetica unito al nichilismo, al pessimismo e al buio interiore della generazione punk. Il cyberpunk nasce ufficialmente da un allucinato romanzo di William Gibson: «Neuromante» del 1984. Anno significativo, quello stesso anno che George Orwell impose come titolo al capolavoro che dipinge il pericolo della centralità umana schiacciata dall'eterno Medioevo guerresco imposto dei regimi totalitari. È questa paura dell'umanità di essere privata della sua coscienza, ancor più che essere semplicemente distrutta, che anima e rende viva la saga di Matrix. E poco male se se Neo, l'eletto vestito da prete, combatte il mostro che incombe sul mondo a suon di cazzotti come nei film di Bud Spencer.

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