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Alla Scala vince Muti, Fontana getta la spugna

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Il disaccordo va avanti da anni. Il Maestro non era più disposto a compromessi: «O lui o me»

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Un modo per trovare una soluzione ai dissidi fra lui e il maestro Riccardo Muti, direttore musicale del teatro. Era sereno Carlo Fontana dopo la riunione-fiume di ieri con il consiglio d'amministrazione. «Io ho fatto una relazione sui problemi gestionali della Scala - ha detto - problemi che sono complessi e richiedono uno sforzo di coesione». I dissapori tra i due sotterraneamente vanno avanti da anni, e hanno raggiunto il calor bianco alla fine di luglio quando la nuova stagione della Scala veniva presentata da Fontana mentre Muti era in tournée con l'orchestra al Cairo. Questa stagione - per molti deludente, per altri addirittura deprimente - per il direttore è stata l'occasione d'oro per porre l'aut aut tra lui e Fontana, promettendo, qualora avesse parlato, le «cannonate». Subito dopo il calor bianco passava nelle mani del sindaco Albertini, prendendo la forma di una patata a dir poco bollente: diamine, ma che razza di scelta è quella tra Muti e Fontana? Il problema semmai dovrebbe essere come far scivolare fuori dalla sua poltrona il sovrintendente evitando di urtarne la suscettibilità, senza contare che Fontana è legato al Teatro milanese da un contratto fino al 2005. Oltre che su sponsor politici come dimostrano le dichiarazioni in suo favore di esponenti della Lega, Fontana può contare su indubbi successi sul piano economico, visto che la Corte dei Conti riconosce alla Scala di essere il Teatro che su questo piano ha operato meglio. Di qui la scelta di Albertini di proporre - promoveatur ut amoveatur - all'attuale sovrintendente la vicepresidenza della Fondazione alla Scala, con compiti non a caso amministrativi. Ma cosa oppone Fontana e Muti? Non sbagliava il sindaco Albertini quando ieri ha sottolineato che tra i due lo scontro non è personale, la vicenda essendo esemplare della vita delle nostre Fondazioni Liriche. In verità da quando nel 1996 venne promulgata la legge che trasformava i Teatri d'Opera in Fondazioni - legge voluta «manu militari» proprio da Fontana - risultò subito chiaro come il nuovo assetto privilegiasse il ruolo del sovrintendente cui erano demandati anche poteri nella programmazione artistica, a discapito del direttore artistico. Dal momento che i grandi teatri d'opera sono sovvenzionati dallo stato soprattutto allo scopo di incentivare proposte culturali, ma con l'obbligo di far quadrare i bilanci, il nuovo assetto sembrava troppo squilibrato sul versante amministrativo. Poteri che comunque Fontana ha voluto esercitare in pieno, e fino a oggi è riuscito a indirizzare la programmazione verso il repertorio più popolare. Visti i costi delle strutture che fanno capo al teatro scaligero, Fontana non disdegnerebbe un ulteriore allargamento, vale a dire oltre l'opera, la musica classica e il balletto, in direzione della formula «contenitore piglia tutto», come accade oggi all'Auditorium di Roma. Nulla è più lontano non solo dalla personalità artistica, ma anche dall'etica culturale di Muti, che piuttosto s'ispira a modelli come quello della Filarmonica di Vienna, espressione esemplare di una tradizione culturale, che riesce anche, e per la verità brillantemente, in operazioni altamente redditizie. Esemplare in questo senso è il Concerto di Capodanno con i proventi del quale i Wiener potrebbero campare l'intera annata.

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