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di GIANFRANCO SVIDERCOSCHI ANCHE gli osservatori più prevenuti, più sospettosi, avevano dovuto ...

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L'incontro tra il Papa polacco, grande protagonista della caduta del Muro, e Fidel Castro, leader dell'unico Paese che ancora si proclamava marxista-leninista, fu come la metafora del XX secolo, dei suoi fallimenti politici, economici, ma anche delle speranze, delle possibilità di una svolta in senso democratico, perfino là dove la libertà sembrava fosse finita per sempre. E invece? Sono trascorsi poco più di cinque anni dal viaggio di Giovanni Paolo II a Cuba, e quella «novità» si è come dissolta. L'utopia rivoluzionaria, esaltata per anni, proposta a generazioni di giovani come la panacea per sanare i mali del capitalismo, quell'utopia sì è rivelata una ideologia ormai decrepita, ma tenuta ugualmente in vita per non cedere il potere ad altri. E comunque, una ideologia ancora pericolosa, capace di tremendi colpi di coda, come l'arresto in massa dei dissidenti, le esecuzioni capitali, il terrore. «Quasi per reazione al vento nuovo portato dal Santo Padre, si è avuto un processo di ritorno all'ideologia», diceva il cardinale Ortega, arcivescovo all'Avana. E difatti, molti degli oppositori si erano richiamati alla visita del Papa, ai suoi discorsi, per proporre alcuni cambiamenti alla Costituzione, per favorire reali aperture al pluralismo; e, appunto per questo, sono ora in carcere, condannati a pene pesantissime. Insomma, il castrismo è tornato a mostrare il suo volto peggiore. C'è solo da sperare che i tanti laudatori di un tempo ne prendano finalmente atto.

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