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di CARLO ROSATI DUE sull'altalena all'apertura del sipario del goldoniano «Bugiardo» di ...

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Sono Rosaura e Beatrice (Stefania Micheli e Valentina Valsania), le due figlie da marito del dottor Balanzoni (Giulio Pizzirani) sulle quali hanno puntato i loro occhi Florindo e Ottavio: il primo generoso e timido, il secondo ardente, ma poco intraprendente. Tutti e due vengono anticipati dallo scaltro Lelio, il bugiardo, il figlio del mercante Pantalone de' Bisognosi, tornato dopo vent'anni a Venezia, da Napoli, che si presenta come il ricco don Asdrubale dei Marchesi di Castel d'Oro. La prima bugia di uno spettacolo che inizia come un delizioso minuetto, e nel quale Lelio (Roberto Sturno) fa sua la serenata che Florindo aveva dedicato a Rosaura, come i pizzi che le aveva fatto regalare dal servo Brighella, poi il sonetto che, mantenendo l'anonimato, aveva dedicato all'amata. Ma Lelio si spaccia per marchese anche con suo padre (Glauco Mauri), che con occhialoni alla Tazio Nuvolari giunge con il dottor Balanzoni su due ricche gondole barocche che si muovono su ruote dorate. Non sa soltanto dire bugie Lelio, ma anche rimediare alle gaffes con altre bugie, talvolta imitato dal furbo Arlecchino che copia il padrone con la serva di casa Balanzoni, Colombina. Ma tutto, come le promesse e le fedi di matrimonio, viene rovinato dalla romana Cleunice, abbandonata da Lelio, che minaccia il suo arrivo a Venezia con un avvocato affinché Lelio mantenga la sua promessa, con le due ragazze che si ricongiungono ai loro "promessi", mentre Lelio giura di non dire più bugie, semmai qualche «spiritosa invenzione». Un allestimento divertente, spassosissimo, ma anche melanconico nella sua chiusura dei sogni nella normalità. Un'ottima prova di Roberto Sturno vicino al quale c'è tutta la magia interpretativa di Glauco Mauri, che firma uno delle sue migliori messe in scena, giocata da bravissimi attori, tra i quali risalta la presenza del moderno Arlecchino di Giorgio Lanza, il Balanzoni di Giulio Pizzirani e la Rosaura di Stefania Micheli.

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