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di GIAN LUIGI RONDI SI INAUGURA mercoledì sera la 60ª Mostra del Cinema.

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Si intitola «Anything else» ed è una storia d'amore molto comica fra uno scrittore di gags (Woody Allen appunto) che si lega a una ragazzina capricciosa (Christiana Ricci) presto contrastato e addirittura inseguito dal fidanzato e dal padre di lei che sono, rispettivamente, Jason Biggs, quello di «American Pie», e Danny De Vito. Ancora una storia d'amore in chiusura e fuori concorso il 6 settembre, classica e romantica, però: «Tempo d'estate», diretto nel '55 da David Lean a Venezia, interpretato da Katharine Hepburn, recentemente scomparsa, e dal nostro Rossano Brazzi. Fra queste due date tutto il resto. Dei film in concorso nella sezione principale s'è già detto quando li annunciò il direttore de Hadeln nella conferenza stampa di presentazione. Basti ricordare che, per il cinema italiano, vi saranno Marco Bellocchio con «Buongiorno, notte», sul caso Moro, Paolo Benvenuti con «Segreti di Stato», sulla strage di Portella della Ginestra, Edoardo Winspeare con «Il miracolo». Senza dimenticare al loro fianco, ma non in concorso, Bernardo Bertolucci con «Dreamers», sul '68. Fra le tante sezioni di cui si compone il programma ce n'è anche un'altra in concorso, sia pure giudicata da una giuria diversa. Si intitola «Controcorrente» e intende proporre soprattutto film che riflettano «intenti di innovazione, originalità creativa e linguaggi cinematografici alternativi». Per gli italiani ci sono Ciprì e Maresco con «Il ritorno di Cagliostro» e Gianluca Tavarelli con «Liberi». C'è anche un noto regista indiano, Coutam Ghose, con «Abar Arannye», da tradursi «Nella foresta di nuovo», non vi mancano né il danese Lars von Trier, «I cinque ostacoli» (De Fem Benspaend), né il cileno ormai francese Raoul Ruiz, «Une place parmi les vivants». Cui si aggiungerà, come evento speciale, Peter Greenaway con il terzo episodio del suo «Tulse Luper Suitecases», interpretato da Valentina Cervi. Fuori concorso, invece, la sezione «Nuovi territori» in cui, secondo il suo curatore, Serafino Murri, «tutto è passato al vaglio di una "dopostoria" dove ogni cosa è già detta, dove l'originalità e il primigenio si danno solo come forma di nostalgia». I concetti sono criptici ma i film sembrano più semplici. Ci sono fra i tanti «L'ultimo piano» dell'italiano Paolo Scarfò, «L'ultimo treno» del russo Aleksej German Jr., «Threads» (Fili) del marocchino Hakim Belabbes. Accompagnati da eventi speciali presentati da Oliver Stone («Persona non grata) e da Jonathan Demme, «The Agronomist», e da mediometraggi firmati da Wilma Labate, Stefano Incerti, Vincenzo Marra, Giuseppe Piccioni. A queste sezioni se ne aggiunge una, retrospettiva, per onorare finalmente i produttori creativi del nostro cinema: 18 grandi film prodotti da 8 fra i nostri produttori più celebrati, da Dino De Laurentiis, da solo o con il fratello Luigi o con Carlo Ponti, ad Angelo Rizzoli, a Goffredo Lombardo, a Franco Cristaldi, a Marina Cicona, ad Aurelio Grimaldi, a Mario Cecchi Gori, a Fulvio Lucisano. L'albo d'oro della nostra industria cinematografica. Solennizzato, a questa Mostra proprio dal Leone d'oro a Dino De Laurentiis per la carriera.

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