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di ANTONIO SPINOSA VENTISEI visioni di Sabaudia.

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Il lago, il mare accogliente, la florida vegetazione. Ecco una cittadina architettonicamente scenografica, una perla dell'Agro Pontino. Il tutto in un libro originale scritto a ventisei mani da autori celebri e da esordienti, con un titolo immediato: «I racconti di Sabaudia» (Baldini Castoldi Dalai editore, pagine 158). Non è indicato il prezzo in quanto il libro è distribuito gratuitamente per la maggior gloria del luogo, come ha voluto il sindaco della città Salvatore Schintu nel celebrare il settantesimo compleanno della città in piena estate. Sfogli e trovi firme famose, e naturalmente l'occhio cade subito su un nome: quello di Carmen Llera Moravia. Il compagno di Llera, Alberto, chi può dimenticarlo per la sua passione per le estati sabaudiane? E Llera ha scritto in versi liberi il suo amore per questo angolo fatato: «Siamo in un luogo bellissimo, qui è più facile amare». Enzo Bettiza prima si rivolge una piccola domanda, e si chiede chissà perché la specie vagabonda e imprevedibile dei gatti abbia sempre avuto un'attrazione singolare per le campagne che costeggiano questo mare. La risposta è lì pronta: il promontorio dei Circeo, con la sua aura mitologica e addirittura preistorica, deve aver influito sulla strana riproduzione e diffusione dei gatti nella zona. Non solo gatti, comunque! E con una nuova virata d'ala ecco il ricordo delle paludi, delle sabbie omeriche, della testuggine greca, dell'aquila: un paesaggio intatto e magico come avrebbe potuto scorgerlo dalla sua nave Ulisse. Pietro Calabrese racconta la storia di tre sorelle. Ci sono amori e morte, c'è un mondo che scompare in contrasto con apparizioni sfolgoranti. La spiaggia di Sabaudia, tra dune e vento, è a sua volta protagonista nella vicenda un po' misteriosa ma attraente. Come raccontare queste pagine: bisogna leggerle. Dalla concretezza dello sport Pietro Calabrese sa immergersi in qualcosa simile a un sogno. Non si può non dirgli bravo. Non soltanto giornalista, ma anche narratore. La prosa di Clemente Mimun è tutta un intreccio di ricordi — soprattutto quelli dell'adolescenza, momenti felici — che Sabaudia ha la facoltà di aprire nella sua mente e nel suo cuore. Ed ecco il racconto di un viaggio lungo ed estenuante da Roma al mare di Sabaudia a bordo di una stremata bianchina familiare, «quando si festeggiava l'approdo con la stessa gioia — racconta Mimun — di un navigatore solitario al termine della traversata di un oceano». Ed eccoci a Barbara Palombelli che ricorda il brivido di un bagno all'alba, quando la gente nelle case ancora dorme, e la dolcezza delle passeggiate al tramonto. Sabaudia è tale da scatenarla, e lei scrive apertamente di un amplesso che, tra l'altro, va letto direttamente nelle pagine del libro: «Il rumore delle foglie copriva il mio ansimare, il tuo corpo si bloccava per lasciarmi fare, sai che sono prepotente e che, dopo tanti anni, ho ancora molta voglia di te. Eppoi, sulle dune non è come a Villa Borghese, dove dobbiamo aspettare la notte per nasconderci e filtrare, proprio come quando eravamo una coppia di giovani amanti». Non posso a questo punto essere ingiusto con i dodici autori emergenti. Certo, hanno ancora un po' di strada da fare perché si parli di loro e se ne riportino gli scritti. Qui non ne citerò nessuno per non fare torto ad alcuno. E questa è comunque una ragione ulteriore per prendere nelle mani questo libro e magari scoprire chi sarà il nome di maggior fortuna, un giorno non lontano.

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