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di MARIO BERNARDI GUARDI CI SONO i patiti dell'umorismo inglese, e ci sono quelli che proprio ...

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E poi ci sono i lettori di P. G. Wodehouse (nella foto). Il quale, essendo uno dei rappresentanti più accreditati dall'«humour» britannico, per questa stessa ragione supera gli schemi e le scuole; e non dispiace neppure a chi detesta la «perfida Albione». Come si fa,infatti, a non provar simpatia per l'estroso P.G.? Un tipo che ,candido e incommensurabilmente «distratto» al pari di tanti personaggi dei suoi romanzi, si trovò in piena guerra a parlare dalla radio nazi della Francia occupata? E che per questo si beccò l'accusa di collaborazionismo? Figuriamoci! Che Wodehouse avesse, in mezzo a svampite vaporosità, inclinazioni verso un'originalità «surreale», è fuor di discussione: ma c'è da dubitare che portasse le sue stravaganze fin nei dintorni del Terzo Reich. Fatto sta che Pelham Grenville Wodehouse, di Guildford, Surrey, 1881, ci rimase male e, probabilmente ignaro del trattamento che la libera America stava riservando in quegli anni ad un genio politicamente (e radiofonicamente) scorrettissimo come Ezra Pound, decise di lasciare l'ingrata patria alla volta degli USA. Dove divenne cittadino yankee nel 1955 e morì vent'anni dopo. Ebbene, Wodehouse è un autore che consigliamo ai nostri «vacanzieri». Lo considerino a mo' di una pausa «british» nell'italico percorso che stiamo facendo con i Campanile, i Mosca, i Guareschi, i Metz: ma non sottovalutino P. G. Se è vero, infatti, che lo si legge volentieri sotto l'ombrellone, perché è un valido soccorso nelle terapie antistress, va ricordato che abbiamo a che fare con uno scrittore «vero», capace di creare i più svariati personaggi (lord e bifolchi, ragazze vivaci e carine osteggiate nel loro amore e virago-arpìe gelide e crudeli che godono nell'osteggiarle ,vecchi zii dallo spirito un po' trasgressivo che ce la mettono tutta al fine di risolvere le situazioni più intricate e nobiluomini di diritto ma ignobilissimi individui di fatto), di descrivere caratteri e ambienti con una prosa immediatamente accattivante, di intessere con maestria e risolvere con garbo intricatissime tele «gialle». Al lettore ignaro di P.G ., che ci chiede da dove cominciare (Wodehouse ha scritto novanta romanzi!) consigliamo di procedere per «cicli»: c'è quello di Jeeves, quello di Mulliner e quello di Blandings. Per la TEA sono già usciti una decina di titoli, tra cui, c'è capitato in mano in questi giorni, «Il ratto dell'Imperatrice». Ciclo di Blandings. Che è poi il castello nello Shropshire, a poche ore di treno da Londra, dove risiede Lord Emsworth. Un tipo un po' fuori di testa, che indossa giacche sdrucite e calzini vistosamente bucati ,e gelosamente custodisce l'icona vivente della proprietà: l'Imperatrice. Ovvero,una gigantesca scrofa,vincitrice di un sacco di premi, nonché oggetto di indefesse attenzioni da parte dello svampito Lord. Ma la storia mescola molti personaggi e molte vicende: ed è inevitabile che tranelli e sorprese vi abbiano una belle parte e che il Bene si faccia furbo e malizioso per aver la meglio sul Male che è così per natura ed elezione. A incarnare questo Bene è lo zio Fred, ovvero Lord Ickenham, impegnato a diffonder dappertutto «dolcezza e luce». Dipanando la matassa con arti sottili che ora fanno pensare al Diplomatico ora al Furfante. Zio Fred si è divertito molto nella vita e molto vuole ancora divertirsi: ebbene, sono proprio le storie «gialle», quelle in cui nell'oscurità si medita il ratto di una amatissima scrofa, a stimolar l'ingegno per trar d'impaccio le persone amate e provocare agli altri danno e beffe. Anche perchè gli altri- come l'avido e arrogante Lord Dunstable - sono decisamte antipatici. Mentre quelli di cui ci prendiamo cura - l'«innocente» e innocuo (ma, a suo modo, erede di una certa mentalità «cavalleresca») Lord Emsworth, cultore di rose, di stelle e di scrofe e l'innamoratissima e contrastata coppia Bille Bailey(curato spiantato) - Myra Scoonmaker (ricchissima ereditiera americana) - sono simpatici. È al servizio della simpatia che Zio Fred p

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