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«Voglio raccontare le debolezze umane»

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«Il fine del film è mostrare personaggi buffi e pieni di contraddizioni ma anche di dolcezza»

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Il nuovo film suggella, idealmente, la trilogia cinematografica del regista, cominciata nel 2000 con «Pane e tulipani» e proseguita lo scorso anno con «Brucio nel vento». Protagonista di una vicenda che, senza cadere nel favolistico, si mantiene ancorata alla realtà, è ancora una volta Licia Maglietta, nel ruolo di Agata, una donna che, superati i quarant'anni, viene travolta da una inattesa passione per un uomo molto più giovane di lei, scopre che l'amatissimo fratello Gustavo in realtà non è suo fratello, e cerca di ricostruirsi una famiglia insieme ai singolari personaggi che la accompagneranno nella ricerca delle sue radici. Nel cast recitano anche Marina Massironi, Emilio Solfrizzi e Giuseppe Battiston presente anche in «Pane e tulipani», pellicola pluripremiata, venduta in tutto il mondo dall'Australia al Giappone agli Stati Uniti dove attualmente è in programmazione da oltre sei mesi. Lunedì scorso Raiuno l'ha trasmessa in prima visione televisiva conquistando più di quattro milioni di spettatori. Oltre la regia, anche la sceneggiatura, scritta in collaborazione con Doriana Leondeff e Francesco Piccolo, è di Silvio Soldini che racconta la genesi della nuova pellicola e l'obbiettivo che si è proposto. Il ruolo della Maglietta in "Agata e la tempesta" evoca le atmosfere di "Pane e tulipani". Quali sono le caratteristiche che differenziano le due donne? «A differenza di Rosalba, la quarantenne protagonista di "Pane e tulipani", Agata non è un personaggio ingenuo e semplice, ma una signora dotata di una buona cultura, con un passato emotivamente turbolento che ha in mano la propria vita, un lavoro gratificante, una figlia ventenne intenzionata a vivere da sola la propria esistenza. Agata, colta in un momento particolarmente tempestoso, porta, nel film, un elemento ai limiti del surreale, le lampadine che, al suo passaggio, si fulminano perché colpite dall'energia sprigionata dalla sua forte emotività. Il film è inserito in un'atmosfera di commedia in cui la coralità assume un aspetto predominate». Qual è, dunque, il messaggio insito nella pellicola? «Il fine è di raccontare una realtà popolata da personaggi pieni di contraddizioni, debolezze, imperfezioni, dolcezze e zone d'ombra. Personaggi ambivalenti, buffi e profondamente umani, nello stesso tempo. Romeo, ad esempio, il rappresentante di abiti, insegue lo strano sogno di aprire un vivaio di trote e riesce a coinvolgere anche Agata e Gustavo, il terzo protagonista, creduto inizialmente fratello di Agata. Ribadisco che racconto una storia corale, senza seguire, come è avvenuto per i due precedenti film, una struttura narrativa classica di cui il centro è rappresentato dal protagonista e dalla sua storia». Perché la scelta di due realtà geografiche come Genova e la pianura padana come ambientazione? «Genova, città di mare, con i suoi splendidi scorci che preparano la vista all'azzurro del mare rappresenta il desiderio di Agata di proiettarsi verso nuove aperture esistenziali. A fare da contraltare a questa realtà cittadina c'è la pianura padana dove vive Romeo, luogo sospeso in una dimensione più intimistica in cui ritrovare il senso della vita».

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