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di GIAN LUIGI RONDI LOVE SONG - MONRAK TRANSISTOR, di Pen-ek Ratanaruang, con Suppakom ...

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CINEMA della Thailandia. A firma di un regista, Pen-ek Ratanaruang, i cui due film precedenti si sono visti solo nei festival occidentali. Legati, anche quelli, alle tradizioni di spettacolo del suo Paese, a cominciare dal melodramma. Il «canto d'amore» del film di oggi si ispira infatti a una delle più diffuse consuetudini thailandesi, quella dei concorsi di canto per piccole platee il più delle volte solo rurali cui partecipano, come da noi alla «Corrida», ragazzotti e ragazze assetati di notorietà, molto spesso delusi. Come succede a Pan, il protagonista, in arrivo dalla campagna, dove, dopo molte pene, è riuscito a sposarsi. Chiamato per il servizio militare, non tarda a disertare perché, in una delle solite gare paesane avendo cantato una canzone languida, da un impresario imbroglione si è sentito assicurato un avvenire. Si vede presto incaricato invece di compiti umilissimi e quando, per il solito colpo di fortuna, sostituirà in palcoscenico un cantante raccogliendo applausi, si ritroverà poi a dover uccidere, sia pure senza volerlo, l'impresario che aveva cercato di abusare di lui. Via alle sciagure a ripetizione, con vari anni di carcere e con la moglie che pur avendogli dato un figlio, adesso non vuol più saperne di lui. Lieto fine, comunque, perché Pan, uscito finalmente di prigione, se ne tornerà alle sue campagne, con la moglie al fianco e con i «sogni di gloria» relegati ormai in soffitta. Un melodramma, appunto, con una struttura narrativa che ricorda spesso le nostre vecchie sceneggiate. Le canzoni che si ascoltano, di tipo «country», possono però piacere anche se poi vi fanno da contorno, in palcoscenico e dietro le quinte, scherzi e battute con doppi sensi di una volgarità addirittura grossolana, come da noi non si ascoltavano una volta nemmeno nelle sagre paesane. Il regista, che si è scritto anche il testo desumendolo da un romanzo, sembra, molto letto in Thailandia, non è riuscito quasi mai ad alleggerirlo e a sveltirlo, lasciandovi in mezzo delle stasi in più momenti fastidiose. I suoi modi di rappresentazione, tuttavia, possono trovar consensi anche in Occidente. Molto colore, ma, programmaticamente, poco folclore, con una indubbia attenzione per gli interpreti. Da noi sono sconosciuti, ma hanno facce plausibili, anche quelli proposti quasi solo come macchiette.

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