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In Italia, l'Unesco ha incluso nel patrimonio mondiale da tutelare alcuni luoghi che sono simboli della storia dell'industria.

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Patrimonio dell'umanità, per l'Unesco, è anche il parco geominerario della Sardegna, il più grande d'Europa. «È sicuramente testimonianza di archeologia industriale l'Arsenale di Venezia, dove si producevano anche i pezzi di ricambio delle navi della Serenissima», osserva l'ingegner Elisio Di Stefano, presidente della commissione nazionale per i beni culturali industriali. Supera l'esame brillantemente l'ex-centrale elettrica Montemartini di Roma: realizza un felice connubio di moderno e antico, presentando le macchine e gli dei (sculture provenienti dai Musei Capitolini). In molti altri casi, invece, sorgono obiezioni, anche se gli edifici o gli impianti scelti hanno un indiscusso fascino. «Quando guardate Roma, affacciandovi dal Gianicolo, che cosa vedete, oltre al Colosseo e al Vittoriano? Uno strano, gigantesco traliccio. È il Gasometro» dice un sito Internet. Elisio Di Stefano rileva che il Gasometro sarà senz'altro d'effetto sul pubblico ma è stato soltanto un contenitore di gas e non ne illustra il processo di produzione. «Soddisfa invece questa esigenza il pregevole Museo del gas di Torino». A Pontedera, si può visitare il museo della Vespa. Non rappresenta certo l'archeologia industriale di tutta la motoristica. La fabbrica era lì ma il fondo D'Ascanio (che è l'archivio d'impresa) si trova a Pescara (nell'Archivio di Stato). «A rigore, neanche l'opificio della Peroni, a Roma, può essere classificato come monumento industriale», asserisce Di Stefano. «Quanto al famoso maglio di Terni, è poco probabile che - pur costituendo un monumento nazionale, collocato nel piazzale della stazione - possa riassumere, da solo, la storia del processo siderurgico nell'operosa città». L. D. A.

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