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L'ultimo tamarindo del povero Piero

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SICILIA metà Ottocento. Stanno arrivando i Garibaldini, ma ci sono ancora i Borboni. Un ufficiale francese al servizio di questi ultimi si è fidanzato con la figlia di un maggiorente locale che ha però una relazione segreta con un brigante, tanto che questi, il giorno delle sue nozze con l'altro, entra in chiesa a cavallo e la rapisce, consenziente. Intanto, attorno, la situazione precipita, il brigante fa causa comune con i Garibaldini e, preso, viene condannato a morte. Non lo impiccano lì, per evitare una sollevazione popolare, così affidano all'ufficiale francese di scortarlo fino a Messina dove si provvederà a far eseguire, lontano, la sentenza. Comincia, tra varie peripezie, il viaggio dei due che si odiano, con una rivelazione del brigante, alla fine, della verità. L'ufficiale, sconvolto, lo lascerà libero e si farà uccidere dai Garibaldini. Una storia un po' contorta. L'ha portata sullo schermo Fabio Conversi che, dopo questo film, ne aveva realizzato un altro più compatto, «Malefemmene», Qui c'è, evidente, l'ambizione di far andare di pari passo i casi privati con gli eventi storici. I primi, però, specie per dei continui ritorni all'indietro con cui si dipanano gli amori fra la donna e il brigante, risultano confusi o, nei momenti chiave, sfiorano, con tinte forti, il melodramma, accentuato da dialoghi letterari. I secondi, pur con tanti precedenti cinematografici illustri (basterebbe, per tutti, «Bronte», di Florestano Vancini), si tengono a pagine quasi soltanto esornative, prodighe molto scarsamente di tensioni. I protagonisti, Stéphan Freiss e Lorenzo Crespi, pur avendo al fianco un saldo Michele Placido, non vanno oltre la maniera.

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