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di FAUSTO GIANFRANCESCHI COME accade quasi sempre, anche quest'anno il vincitore del premio ...

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In realtà si tratta di una vincitrice, Melania Mazzucco, con il romanzo «Vita» (Rizzoli), coinvolgente saga di una famiglia meridionale che all'inizio del Novecento emigrò negli Stati Uniti partendo da un piccolo paese, Tufo, sopra Minturno. L'autrice è l'ultima discendente di quella famiglia di cui ricostruisce la storia, anche leggendaria, sul filo della memoria degli avi e attraverso una puntigliosa indagine documentaria. Non mi sembra privo di significato il fatto che anche l'anno scorso lo Strega sia stato vinto da una scrittrice, Margaret Mazzantini con il romanzo «Non ti muovere», destinato poi a restare a lungo nelle classifiche dei libri più venduti. Né si può dimenticare che il caso editoriale italiano più clamoroso degli ultimi anni fu il romanzo d'esordio «Va dove di porta il cuore» di Susanna Tamaro, la quale, tra parentesi, è anche attualmente in libreria con una persuasiva di quattro racconti, «Fuori», che sono una prova di grande maturità e profonda sensibilità. Voglio dunque richiamare l'attenzione sul fatto che attualmente la vitalità della letteratura italiana è garantita specialmente dalle penne femminili più che da quelle maschili. Forse bisogna chiedersi il perché di questa inclinazione. Io ho la mia idea. Da parecchi anni la narrativa italiana è in crisi, rispetto per esempio alla letteratura anglo-americana, le cui opere si vendono come il pane (senza di loro, le librerie italiane potrebbero chiudere). Questa crisi non è un caso, non deriva da fatalità o da ciclicità, ha un suo preciso motivo, addirittura una data d'inizio (1963). Il sistema culturale italiano è dominato da critici militanti e accademici, da funzionari e consulenti editoriali, che hanno trasferito il nichilismo anche nella letteratura: il romanzo è morto, il soggetto è morto, non si può più raccontare come si raccontava una volta. Le conseguenze di questo messaggio diffuso sono state, presso gli scrittori, la tendenza allo sperimentalismo (indigesto per chi legge), la chiusura nel minimalismo, l'apertura alla violenza e alla turpitudine, il divieto di pensare in grande (roba da Ottocento!). Così la letteratura italiana si vota al fallimento. Evidentemente le scrittrici, dotate di una naturale passionalità, sono meno permeabili al gelido messaggio nichilista. Credono ancora nella forza dei sentimenti soggettivi, credono ancora nella potenza dei personaggi e delle trame, riescono ancora a pensare in grande, addirittura con accenti epici. Potrei fare molti esempi, mi limito però alla vincitrice dello Strega lo scorso anno e alla sicura vincitrice dello stesso premio quest'anno. Margaret Mazzantini ha creato un'indimenticabile figura di giovane donna che vive ai margini della società e che tuttavia è animata da un suo misterioso eroismo. Melania Mazzucco ha ravvivato le sue pagine con un insolito afflato epico (riesce persino a rendere icasticamente alcuni momenti dell'ultima guerra nell'Italia del Sud). Viva, dunque, le penne femminili che ci consentono ancora di leggere italiano!

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