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TENTAZIONE MORTALE, di Bill Bennett, con Burt Reynolds, Saffron Burrow, Peter Facinelli, Stati Uniti, 2001.

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Si comincia con un ricco, affetto da una malattia mortale, che prima di lasciare il suo patrimonio alla moglie, bellissima e più giovane di lui, prezzola un tale perché ne metta a prova la fedeltà. Segue un groviglio di fatti spesso molto contorti perché ogni personaggio si propone con doppie verità. Intanto la moglie, che informata dalla trappola tesa dal marito, vi si butta a capofitto, per provocarlo. Poi il suo seduttore che, innamorato di lei dopo molto sesso, dice invece al marito di non essere riuscito nel suo intento, ignorando che l'altro ha fatto registrare da un investigatore le sue ore di fuoco. Colpi di scena, doppio gioco di tutti, anche del marito che, oltre a diseredare la moglie, ora vorrebbe far fuori il seduttore, alcuni omicidi di contorno, non strettamente riferibili alla vicenda principale, poi altri che, invece, la concludono. Nella speranza di far piazza pulita dei cattivi. Un'impresa in cui, scrivendo il testo e poi rappresentandolo, si è cimentato un regista australiano, Bill Bennett, attivo da qualche tempo, ma con poco successo, anche nel cimena di Hollywood («Ladri per amore», ad esempio). Ha puntato molto sul «nero» che incombe sulle paludi dalla triste fama da cui New Orleans è circondata e ha fatto in modo che tutto e tutti si proponessero così nei toni più cupi, con il rischio di rimescolarli a tal segno da rendere oscuri non solo i personaggi e le loro motivazioni ma anche le vicende in cui via via venivano coinvolti. Incuriosisce, comunque, ritrovare Burt Reynolds come «cattivo». Con i soliti baffetti neri ma i capelli brizzolati. G.L.R.

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