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La trama che non perdona

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LA CLASSICA coppia felice dei film americani che promettono guai. Difatti una notte la polizia arresta il marito, che viveva sotto falso nome, con l'accusa di una strage di civili in Salvador, quando faceva parte dell'Esercito. La moglie, che è avvocato, ne assume subito la difesa ma poiché la giustizia militare offre meno garanzie di quella civile, si fa aiutare nell'impresa da un collega bene informato dei suoi meccanismi. Subito trame oscure, testimoni falsi, molte omertà tra le gerarchie con l'intenzione evidente di coprire responsabili molto in alto (di mezzo ci sono la Cia e il Pentagono). Nonostante questo la donna, pur minacciata e malmenata, riuscirà nel suo intento, ma al momento di concludere una brutta sorpresa ribalterà tutto. Un congegno costruito con indubbia abilità. Il regista Carl Franklin («Qualcuno sta per morire», «Il diavolo in blu») l'ha ripreso da un romanzo che ha svolto mettendo soprattutto l'accento sui gironi infernali in cui può finire qualcuno che vien messo nella impossibilità di difendersi, dando ampio spazio alla corruzione di certi ambienti militari ad alto livello, secondo schemi già da tempo visitati da Hollywood. La conclusione, però, che cambia le carte in tavola, non obbedisce fino in fondo a una vera logica drammatica e rischia sia il facile sia il gratuito. Molto di quanto la precede, tuttavia, coinvolge, sia per i grovigli cui narrativamente si affida, sia per i modi ansiosi e i ritmi spesso ossessivi con cui è rappresentato. Mentre le immagini spesso buie — dell'olandese Theo Van de Sands — suscitano con perizia tensioni e angosce. I protagonisti sono la bella Ashley Judd e il grintoso Morgan Freeman. Pronti a battersi contro tutti. Lei anche a rischio della vita.

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